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Vicenza

Il medico colpito dal Covid e la lenta uscita dall'incubo: «Mi pareva di affogare»

È stato tra i primi medici dell’Ulss 8 caduti nella trappola tesa dal Covid. Ad aprile è rimasto ricoverato in un letto del San Bortolo per 25, lunghissimi, giorni, in cui, a un certo punto, nell’ora più buia dell’attacco del virus, quando l’aria si era fatta sempre più avara, ha temuto la fine. «Se mi intubano in rianimazione, ho pensato, forse non mi sveglio più». Poi, invece, la lenta, faticosa risalita. Il ritorno a casa. Ma anche oggi, a 8 mesi di distanza, il dottor Rinaldo Zolin, 57 anni, casa e famiglia a Roveredo di Gua’, responsabile del servizio di epidemiologia e degli screening oncologici dell’Azienda Berica, anche se ha recuperato energie e ritmi della vita quotidiana, continua ad avvertire la presenza perfida e beffarda del Covid. «Non riesco più a fare due cose insieme, ad esempio parlare e camminare veloce. Dopo un po’ devo fermarmi. O parlo o cammino». 

 

Difficile dimenticare. «Annaspavo. Mi mancava l’aria. Come affogare. Era una tribolazione pure mangiare. Non so dove mi sono contagiato. Non ho mai frequentato posti a rischio. Ho sempre portato la mascherina. È stata una casualità. Sì, è stata una bruttissima avventura. Pensare che ero uno di quelli che dicevano “ma è solo un’influenza”». 

Franco Pepe

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