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Nell'Ulss 8 Berica

Il diritto all’aborto. «Ma il 90% dei ginecologi è obiettore»

Un’immagine della manifestazione di protesta dopo la decisione della Corte in Usa (FOTO EPA/ERIK S.LESSER)
Un’immagine della manifestazione di protesta dopo la decisione della Corte in Usa (FOTO EPA/ERIK S.LESSER)
Un’immagine della manifestazione di protesta dopo la decisione della Corte in Usa (FOTO EPA/ERIK S.LESSER)
Un’immagine della manifestazione di protesta dopo la decisione della Corte in Usa (FOTO EPA/ERIK S.LESSER)

Divide gli Usa, scuote la politica e apre la discussione anche in Italia. La sentenza con la quale la Corte Suprema statunitense ha cancellato il diritto costituzionale ad abortire sul suolo americano ha tra le conseguenze quella di mettere sotto i riflettori lo stato di salute della legge 194 che in Italia dal 1978 garantisce la possibilità per una donna di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione. Una condizione che si misura anche dai numeri strettamente connessi alla sua applicazione. Ad esempio quelli relativi ai medici obiettori che per motivi etici scelgono di non praticare l’intervento, contribuendo a rendere l’accesso al diritto un percorso a ostacoli in molte parti d’Italia. Proprio perché questi numeri sono elevati. Anche a Vicenza, dove si arriva a sfiorare il 90 per cento. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2020, sono forniti dalla Cgil che periodicamente, assieme a Cisl e Uil, chiede alle Ulss del territorio informazioni per monitorare il funzionamento di consultori e l’applicazione dell’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).
La fotografia scattata dai sindacati sulla situazione di due anni fa nelle strutture sanitarie dell’Ulss 8 Berica, quindi negli ospedali di Vicenza, Arzignano e Noventa Vicentina, racconta la presenza di 24 ginecologi obiettori su un totale di 27, pari a oltre l’88 per cento del contingente. Una quota che, comunque, non ha mai creato difficoltà: «Non ci risultano casi di donne costrette a rivolgersi altrove per una Ivg - informa la responsabile delle politiche di genere del sindacato, Marina Bergamin -, con ogni probabilità perché i pochi non obiettori riescono a prendere in carico tutte le richieste». E con tempi rapidi. Sempre secondo le rilevazioni trasmesse dall’Ulss 8 Berica alle sigle sindacali, i tempi di attesa vengono rispettati, attestandosi dai 10 giorni di Vicenza ai 17 di Noventa. Mentre il numero di interventi è in calo: si è passati dai 417 del 2018 ai 376 del 2020.
I motivi possono essere molteplici, dalla possibilità di ricorrere alla terapia farmacologica con pillola del giorno dopo e dei 5 giorni dopo («una pratica però spesso osteggiata»), «alla maggiore prevenzione e a un fisiologico calo demografico», riflette la sindacalista che invita a difendere lo strumento legislativo nato per tutelare l’autodeterminazione delle donne. Perché quanto accaduto oltreoceano non si replichi anche qui. «La sentenza contro l’aborto negli Stati Uniti è indegna di una grande democrazia. Negli Usa si consente l’uso libero delle armi e si nega la libertà di autodeterminazione alle donne», commenta Bergamin che esprime solidarietà nei confronti delle «donne americane», certa che «sapranno reagire». 
«Speriamo invece che quel clima “oscurantista” - aggiunge - non raggiunga il nostro paese. I politici italiani, oggi, dicono di no. Ma ricordiamo che fu proprio Verona nel 2019 ad ospitare il Congresso mondiale delle famiglie, con l’obiettivo dichiarato di difendere la famiglia tradizionale come unico modello, per l’eliminazione dei diritti Lgbt, la criminalizzazione dell’omosessualità e dell’aborto e una forte opposizione al divorzio. Fecero passerella allora da Meloni a Salvini, da Fontana a Pillon oltre al sindaco della città Sboarina».
Un argomento sensibilissimo che «fa rima con la libertà delle donne e la loro autodeterminazione quando giungono alla decisione, sempre sofferta, di interrompere la gravidanza. Continuiamo a dire, da anni, che va applicata tutta la legge 194 compreso il diritto/dovere alla prevenzione: saremo felici quando di Ivg non ci sarà più bisogno. Ma oggi non è così», rimarca Bergamin che tornando all’alto numero di obiettori nell’Ulss 8 Berica, mostra come il quadro non sia cambiato negli ultimi anni, almeno per quanto riguarda la categoria professionale più rilevante in tema di aborto. «Nel 2018 erano 25 su 28 i ginecologi contrari, mentre l’anno seguente se ne contavano 21 su un totale di 25. Certo un tasso così alto, come è in tutta Italia, ci inquieta e ci impegna a tenere altissima la guardia. Anche noi come organizzazioni sindacali siamo in prima linea - e lo fummo a Verona - affinché per le donne non ci sia alcun arretramento su questi temi», conclude Bergamin, lanciando l’ipotesi, per imboccare il cambiamento, di «indire bandi espressamente dedicati ai non obiettori».

 

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Laura Pilastro

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