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Vicenza

Il direttore Pavesi:
Il mio San Bortolo
da Champions

L’ingresso dell’ospedale San Bortolo: Giovanni Pavesi è il nuovo dg
L’ingresso dell’ospedale San Bortolo: Giovanni Pavesi è il nuovo dg
L’ingresso dell’ospedale San Bortolo: Giovanni Pavesi è il nuovo dg
L’ingresso dell’ospedale San Bortolo: Giovanni Pavesi è il nuovo dg

«Sono in un’azienda di prima fascia che vuole giocare la Champions League». Il neo dg Giovanni Pavesi usa la metafora calcistica per definire l’obiettivo a cui punta la doppia Ulss, destinata nel giro di un anno a diventare una cosa sola, e dedica una speciale menzione al San Bortolo ospedale testa di serie della sanità veneta: «Deve diventare di interesse nazionale e sovranazionale. Ha tutto: strutture, professionalità, attrezzature. Voglio spendere in tecnologie. Dovrà essere preferito per i suoi servizi di avanguardia». Nella prima conferenza-stampa di un sabato di prima neve d'inverno fra uffici deserti e corridoi quasi vuoti il dg ex Monselice («Ero in Europa League») tocca i temi sanitari più cari al governatore Zaia, evita di affrontare questioni locali che ancora non conosce, ma annuncia le nomine delle terne strategiche (direttori sanitari, amministrativi e sociali) in tempi rapidissimi, e anticipa visione di fondo e metodi di lavoro di un quinquennio che, grazie al contratto rinnovabile costruito ad hoc per lui e gli altri dieci manager freschi di incarico, potrebbe diventare anche un decennio e proseguire fino al 2025. Accanto a Pavesi ieri mattina nella sala-riunioni del San Bortolo i due assessori regionali vicentini Elena Donazzan all’istruzione e lavoro e Manuela Lanzarin ai servizi sociali, i presidenti delle conferenze dei sindaci delle Ulss 6 e 5 Giuseppe Danieli e Martino Montagna, il vicesindaco di Montecchio Maggiore Gianluca Peripoli, nonché l’ex consigliere regionale con residenza a Este Piergiorgio Cortelazzo, al quale Pavesi riserva una commossa citazione: «Mi ricorda un lungo periodo che resta nel cuore».

Il dg veronese, che alla vigilia delle investiture dei superdirettori era pronosticato fra gli esclusi più sicuri, tradisce l’emozione di trovarsi su un soglio importante («la mia riconoscenza assoluta al presidente per una scelta autonoma e diretta»), rivolge il ringraziamento di rito agli uscenti Angonese e Cenci («che hanno lavorato bene»), chiarisce la portata del suo ruolo («organizzativo e non politico») , ed esprime preoccupazione per un compito, governare la 6 e fungere da commissario della 5, omogeneizzando le due aziende nello spirito della riforma, che non appare semplice.

Prima, appunto, il codice-Zaia, le priorità che il governatore ha ri-elencato mercoledì scorso a palazzo Balbi alla pattuglia dei neonominati: liste di attesa, pronto soccorso, umanizzazione, medicina territoriale. «Le liste non sono uno slogan. L’assistito dovrà avere la percezione di essere preso in carico nei tempi dovuti. Applicheremo i tetti temporali stabiliti dalla Regione, ma cercheremo di accorciare le attese anche nella classe che fissa un massimo di 180 giorni. Sei mesi sono sempre troppi per una visita di controllo».

Tutte le strade conducono all’urgenza: «La gente vuole essere soccorsa in tempi più celeri. Nel Veneto creiamo aspettative che in altre regioni neppure si sognano, ma siamo tenuti ugualmente ad alzare ancora di più l’asticella». Ecco, poi, la sanità con il sorriso: «Più qualità al pronto soccorso nel segno dell’umanizzazione delle cure. Un medico meno titolato come capacità cliniche è più apprezzato di un altro più bravo perché sa accogliere, dire una parola, dimostrare empatia. Chiederò a tutti i medici di comportarsi così».

Uguale impegno per le cure primarie: «L’operazione medicine di gruppo integrate qui a Vicenza è già partita. Ce ne sono due in città, una a Sovizzo e una ad Altavilla. Il rapporto con il medico di famiglia è fondamentale. Il sistema deve avere medici convenzionati che condividano gli obiettivi dell'azienda. Spetta a loro operare da primo filtro. Nei loro studi si dovranno prenotare le visite ospedaliere senza costringere l’utente a fare giri dell’oca».

Franco Pepe

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