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Il caso Barclays

Duemila vicentini
vessati dai mutui
casa in franchi

Uno sportello della banca inglese Barclays, al centro della vicenda e delle accuse di Tuconfin. ARCHIVIO
Uno sportello della banca inglese Barclays, al centro della vicenda e delle accuse di Tuconfin. ARCHIVIO
Uno sportello della banca inglese Barclays, al centro della vicenda e delle accuse di Tuconfin. ARCHIVIO
Uno sportello della banca inglese Barclays, al centro della vicenda e delle accuse di Tuconfin. ARCHIVIO

Una bomba a orologeria finanziaria per migliaia di famiglie vicentine. Sono almeno 2 mila, ma per Franca Berno si arriverebbe anche a 3 mila, i clienti di Barclays che hanno firmato fino al 2011 un mutuo indicizzato in franchi svizzeri come un prodotto senza rischi particolari. In realtà, sia per chi lo voglia estinguere anticipatamente sia per chi lo porta a termine, c’è una trappola che non è quella keynesiana della liquidità, ma molto più subdola: una clausola che per via del cambio si traduce in un aggravio per il cliente.

CLAUSOLE. «Il contratto, mancando di trasparenza e impedendo al sottoscrittore di comprendere l’elevato rischio cui sarebbe andato incontro - spiega Berno, 53 anni, di Longare, cofondatrice con la milanese Sheila Meneghetti dell’associazione “Tutela consumatori finanziari” (Tuconfin) - ha permesso alla banca di vendere un prodotto in franchi svizzeri celandolo dietro un contratto in euro, fissando fin dall’origine i tassi di cambio a suo favore e non consentendo al cliente di estinguere il mutuo in anticipo senza dovere pagare somme di cambio elevate». Un esempio classico che fa Berno è che su un mutuo di 80 mila euro richiesto nel 2007 e chiuso nel 2011, a fronte di un residuo di 73 mila euro il consumatore ha dovuto pagare a Barclays una rivalutazione di 30 mila euro chiudendo così l’operazione con un esborso di 100 mila euro.

ASSOCIAZIONE. L’associazione Tuconfin ha avviato numerosi procedimenti davanti all’arbitro bancario finanziario (Abf), istituito per tutelare la clientela. «Ci ha dato ragione - aggiunge Berno - dichiarando la nullità parziale del contratto, ma l’istituto non rispetta nessuna disposizione, obbligandoci ad avviare delle cause civili. Quello che vogliamo fare è una class action sul modello spagnolo, dove il risultato per i consumatori è stato positivo».

AZIONI LEGALI. In Italia le azioni legali sono state avviate nel 2013 e per adesso c’è un’ordinanza della sesta sezione del tribunale civile di Milano che ha dichiarato la violazione dell’articolo 35 del codice del consumo. «Il fatto è - sottolinea - che essendo una risposta a un’azione inibitoria, la mancanza di trasparenza non può essere fatta valere se non con un’altra causa civile».

BANCA. Insomma, prendono forma i tasselli legali del quadro a favore dei consumatori che hanno sottoscritto quel contratto, ma nessuna azione esecutiva ha avuto successo con la banca per far annullare la clausola vessatoria dell’articolo 7 del contratto che comporta un maggiore esborso di denaro. Tuttavia, Barclays si è sempre difesa sostenendo che i clienti sapevano quali fossero le clausole contrattuali e nel caso il cambio fosse stato a lei sfavorevole a guadagnarci sarebbero stati i consumatori.

RITIRO. «Tra l’altro - analizza Berno, che nella vita si occupa di management - quando si parla di indicizzazione ci si riferisce agli interessi, mentre quando si fa riferimento alla conversione del capitale ci si rifà a un derivato e si entra nel campo della speculazione: è quello che Barclays ha fatto, nascondendo in maniera consapevole ai consumatori la complessità e l’elevato rischio. Non è un caso che nel 2011 Barclays lo abbia ritirato dal mercato, consapevole che per il sottoscrittore non era conveniente avendo una clausola vessatoria».

CAMBIO. È sufficiente guardare un grafico decennale dell’andamento del cambio franco/euro per comprendere che da 0,59 si è passati a 1,018. «Molti consumatori sono convinti - afferma Berno - di avere firmato un finanziamento in euro, in realtà è un mutuo in valuta perché è indicizzato al franco». In effetti, tra il 2003 e il 2009 il Libor, il tasso d’interesse di mercato a cui le banche si scambiano prestiti in franchi svizzeri, era più basso dell’Euribor, e per questo la banca lo aveva proposto come un mutuo sicuro perché legato a una moneta stabile. Essendosi il franco apprezzato, l’estinzione e la restituzione per quel tipo di contratto comporta il pagamento di cifre ingenti. «I contratti firmati in quel periodo in Italia - conclude Berno - sono stati 9.978, e tra i 2 e 3 mila solo nel Vicentino. Ci stiamo muovendo per un’azione legale di classe per arrivare allo stesso risultato ottenuto in Spagna: il colosso inglese aveva previsto che la clausola della conversione euro-franco fosse per sé favorevole».

Ivano Tolettini

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