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I vicentini e la pandemia

Dopo il lockdown
cinque chili
in più a testa

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L’inattività fisica e la ricerca di cibi gustosi e calorici ha favorito l’aumento di peso durante il lockdown
L’inattività fisica e la ricerca di cibi gustosi e calorici ha favorito l’aumento di peso durante il lockdown
L’inattività fisica e la ricerca di cibi gustosi e calorici ha favorito l’aumento di peso durante il lockdown
L’inattività fisica e la ricerca di cibi gustosi e calorici ha favorito l’aumento di peso durante il lockdown

Lockdown nemico della forma. Il “tutti chiusi in casa” ha provocato guai. È scattata la guerra alla bilancia per i vicentini. Non per tutti, ovviamente. Ma per molti è stato così. E gli effetti continuano a restare appiccicati addosso. 

 

Gli esperti sono concordi. In media siamo ingrassati di 4 chili e mezzo - 5 chili dopo i mesi vissuti tra cucina, salotto, camera da letto, tra fornelli consolatori, poltrona, tv e cuscino. Due le cause, spiega una specialista di diete e calorie, la dottoressa Emiliana Giusti: «C’è stata una completa inattività fisica. Anche chi andava al lavoro a piedi non ha potuto farlo, e magari era l’unico movimento che faceva. A questo si è unito il fatto che la sola possibilità di uscire era recarsi al supermercato. Quindi, l’unica valvola di sfogo era andare in un luogo dove si compra cibo, e qui ricerca sfrenata di manicaretti soprattutto panificati». In effetti, c’è stata una caccia al lievito, alla farina e alle uova, scomparsi dagli scaffali. E nelle settimane della maxi-quarantena fra le mura domestiche la spesa per l’alimentazione è cresciuta del 20 per cento.

 

Ma c’è un altro fattore che ha influito parecchio sull’aumento di peso: «In casa si stava in abiti comodi, tutto il giorno in tuta, la sera in pigiama. Se si andava al supermercato si rimaneva in tuta. E non mettersi un paio di pantaloni e sentire che la cintura stringe, o indossare un tubino attillato che se guadagni un etto diventa un campanello d’allarme, ha fatto lentamente perdere di vista la situazione personale».  

Franco Pepe

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