È incinta di 33 settimane. È a casa. Ha un po’ di febbre, da alcuni giorni non si sente bene, e continua a peggiorare. Un diffuso malessere generale. Senso di prostrazione. Respira a fatica. Sempre di più. Il peso del bimbo che porta in grembo aggrava la difficoltà respiratoria. Allora si fa accompagnare all’ospedale di Valdagno, ma qui i medici decidono di farla trasportare subito in ambulanza a Vicenza. Al pronto soccorso Covid del San Bortolo il test rapido non lascia dubbi. La donna è positiva. Arriva l’infettivologo. Una lastra del torace. E anche l’esame radiologico non mostra margini di incertezza. La paziente ha una grave polmonite bilaterale. È il marchio inconfondibile del coronavirus. Il quadro è drammatico.
Protagonista di un’avventura che ha coinvolto mezzo ospedale e non ha ancora un finale sicuro una romena di 37 anni che vive a Valdagno. La donna, dopo la notte trascorsa in pneumologia, viene sottoposta a taglio cesareo. Nasce un bambino di 2 chili e 200 grammi che viene trasferito in una termoculla della terapia intensiva pediatrica e messo in isolamento. «Il tampone, per fortuna, è negativo», spiega il primario Massimo Bellettato. La madre, ancora addormentata, è invece trasportata in rianimazione dove resta intubata in prognosi riservata a causa della severa polmonite interstiziale da Covid di cui soffre, e viene trattata con il plasma iper-immune donato nei mesi scorsi da altri pazienti guariti.