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Confindustria Vicenza

«Decreto flussi da rifare, via i limiti agli ingressi»

La proposta di Confindustria Vicenza dopo il click day con richieste di lavoratori stranieri quadruple rispetto ai posti

Il punto di partenza è chiaro: «Il mondo del passato è finito e non tornerà». Da questa certezza ora deve iniziare un lavoro sinergico e soprattutto devono arrivare soluzioni nuove e in tempi rapidi. Ne è convinta Confindustria Vicenza, a poche ore dal click day del decreto flussi per l’arrivo di lavoratori extracomunitari che già dopo l’apertura è andato in overbooking. Alle 19 erano quasi 240 mila le domande, circa il triplo della quota prevista dal provvedimento, pari a 82.705 unità.

Modello da cambiare

«È evidente che quella del click day è una modalità che non ha più ragione di esistere. Una lotteria che niente ha a che fare col merito e niente ha a che fare con il fabbisogno del Paese, delle aziende e i diritti delle persone - ha considerato del vicepresidente con delega alle relazioni industriali Alberto Favero -. Le domande che triplicano o quadruplicano i posti del decreto flussi, poi, non sono neanche lontanamente indicativi del reale fabbisogno perché tantissimi datori di lavoro si sono sottratti alla logica da lotteria del click day. E mi riferisco in particolar modo all’industria, che avrebbe da offrire anche lavori non stagionali perché il fabbisogno è grande e continuo».

Cosa fare?

Insomma per far fronte all’emergenza il primo passo è non fissare alcun numero. «Si parta dalle richieste di lavoro: quali posizioni, dove, con quali competenze, per quanto tempo. Questi sono alcuni dei parametri che, qualora rispettati, devono permettere alle persone di arrivare legalmente in Italia. Tutto l'anno». 
Il secondo passaggio, secondo Favero, è rivedere il metodo, che va completamente rinnovato: deve essere rapido, chiaro e concordato con il mondo del lavoro. «Se aspettiamo che nei Paesi di partenza ci siano i centri di formazione professionale e le scuole di italiano (obiettivi sicuramente da perseguire con serietà nel medio termine), non si farà mai niente per cambiare la situazione - continua il vicepresidente -. La formazione si faccia qui, anche sul campo, dando la precedenza e garantendo particolare attenzione alla sicurezza, ovviamente. Inoltre, già oggi, sono presenti nel Paese persone che godono di protezione internazionale che potrebbero essere formate, con l’obiettivo di dar loro la possibilità di acquisire competenze (compreso l’italiano), lavorare stabilmente, non rischiando così di ricadere nel lavoro nero o essere sfruttati dalla criminalità».

Soluzioni concrete

«Il tutto, ovviamente, va armonizzato con l’insieme delle politiche del lavoro, delle ad oggi insufficienti politiche attive e di riorganizzazione dei centri per l’impiego, i quali, così come sono strutturati ora non riescono a svolgere un ruolo importante in questa partita. In questo senso credo debbano essere coinvolte anche le agenzie del lavoro private. Servono soluzioni nuove e in tempi brevi. La carenza di talune figure e la denatalità estrema sono fenomeni in corso da quasi un decennio ormai, non certo dalla pandemia».
«Abbiamo visto qualche apertura dalla ministra Calderone e questo ci fa ben sperare - conclude Favero -. Ora però bisogna metter fine a pregiudizi e battibecchi, su questi temi si può trovare ampia convergenza sia nel Governo che in Parlamento che, soprattutto, nel mondo del lavoro. Però è il momento di farlo. Entro metà 2023 non può non esserci un nuovo piano» 

Claudia Milani Vicenzi

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