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Il caso

Cracco e il piccione
Tra denunce
e prese di posizione

Carlo Cracco, lo chef vicentino diventato star della televisione
Carlo Cracco, lo chef vicentino diventato star della televisione
Carlo Cracco, lo chef vicentino diventato star della televisione
Carlo Cracco, lo chef vicentino diventato star della televisione

VICENZA. Dovrà prepararne di piccioni allo spiedo lo chef vicentino Carlo Cracco per sfamare tutti gli avvocati che ora gli vogliono mandare, gratis, per assisterlo. Almeno dopo la denuncia alla procura di Milano dell’associazione animalista Aidaa per «violazione della legge nazione di tutela della fauna selvatica e della direttiva europea» e per «istigazione a delinquere». Motivo: durante una puntata di Masterchef ha preparato un piatto a base di piccione. Che per l’Aidaa è animale protetto. Per cacciatori, ristoratori e Regione Veneto no, visto che, dicono, si usano quelli di allevamento. Non dev’essere particolarmente preoccupato, il pluristellato Michelin Cracco. Né probabilmente ha bisogno di fondi per l’assistenza legale, viste le sue partecipazioni televise a Masterchef, Hell’s Kitchen Italia e senza contare libri, pubblicità e ovviamente il suo ristorante milanese. Ma dopo la notizia della denuncia, sono partite le dichiarazioni di solidarietà. Quasi tutte con l’offerta di consulenza e avvocati.

Ma che aveva fatto MasterCracco per meritarsi la denuncia dell’Aidaa? Nella puntata del 14 gennaio aveva cucinato come dimostrazione ai concorrenti un piatto gourmet. E cioè “piccione con rape bianche, nespole, succo di peperoni, barba del frate e prezzemolo”. Tutto bene, meno che per l’associazione animalista. Tanto che il suo presidente Lorenzo Croce ha preso carta e penna e ha inviato la sua denuncia alla procura di Milano: «Nessuno discute che Cracco sia un grande chef - spiega Croce -, ma il fatto che vada in tv a presentare un piatto a base di carne di piccione, animale protetto dalla legge nazionale ed europea, rappresenta un reato penalmente rilevante». In più Croce chiede che «il noto chef signor Carlo Cracco nato a Creazzo in provincia di Vicenza il giorno 8 ottobre 1965» sia perseguito «per istigazione a delinquere avendo, attraverso la diffusione del filmato, istigato altri cittadini a compiere tali crimini».

In attesa che il dilemma sul piccione alle rape e peperoni arrivi fino alla Corte Costituzionale, si allunga la lista dei sostenitori: «Mi sembra una esagerazione - dice Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto, che ricorda che la normativa vigente «impedisce l’abbattimento del Piccione selvatico (Columba livia)», specie soggetta alla tutela prevista da una direttiva europea «ma un conto sono i piccioni selvatici, un altro quelli di allevamento: i primi non si possono cacciare né servire a tavola, i secondi, invece, si acquistano da allevatori specializzati e sono il piatto forte di molte trattorie e ristoranti». E dopo qualche accenno alla storia del “torresano” veneto, per Ciambetti bisognerebbe «preoccupersi piuttosto di quello che si cucina in molti ristoranti etnici e in certi take away». La Confavi ritiene «imbarazzante che per garantirsi uno spazio sui giornali alcune associazioni animaliste arrivino addirittura a denunciare alla Procura della Repubblica uno chef che sta preparando un piatto tipico». E offre assistenza legale. Idem la Fondazione per la Cultura Rurale-onlus che ricorda che «i piccioni vengono utilizzati da secoli a scopo alimentare nel Vicentino, nel Veneto ed in molte altre parti d’Italia». E offre assistenza legale. Come Federfauna. I ristoratori della Magnifica confraternita dei ristoratori De.Co. invece vanno oltre: «Siamo pronti ad autodenunciarci se qualche magistrato prendesse in considerazione la folle accusa dell’Aidaa». Tutto per un piccione. E i polli allora cosa dovrebbero dire?

Alessandro Mognon

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