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L'intervento a Vicenza

Covid, Crisanti: «Il vaccino funziona, ma si rifanno sempre gli stessi errori»

Andrea Crisanti ospite ieri sera alla rassegna Fornaci Rosse (Foto Colorfoto / Ilaria Toniolo)
Andrea Crisanti ospite ieri sera alla rassegna Fornaci Rosse (Foto Colorfoto / Ilaria Toniolo)
Andrea Crisanti ospite ieri sera alla rassegna Fornaci Rosse (Foto Colorfoto / Ilaria Toniolo)
Andrea Crisanti ospite ieri sera alla rassegna Fornaci Rosse (Foto Colorfoto / Ilaria Toniolo)

Chissà cosa avrebbe detto Andrea Crisanti se due decenni e mezzo fa, agli albori del suo lavoro all’Imperial College di Londra, qualcuno gli avesse predetto che un giorno sarebbe stato in prima linea a tentare di mettere i bastoni tra le ruote a un’epidemia mondiale e che grazie a un’intuizione vincente, quella che pure gli asintomatici potessero essere un veicolo di diffusione, un po’ come le zanzare che ha studiato per una vita per bloccare la malaria, sarebbe diventato il padre di quel “modello Vo” che con i tamponi di massa ha chiuso la serratura prima che un pressoché sconosciuto coronavirus se ne andasse in giro indisturbato.

Ecco, cosa avrebbe detto il Crisanti del passato davanti a un’ipotesi di questo tenore non si sa; si sa invece che la realtà a volte supera la fantasia e che adesso una profezia la fa lui. Anzi, no. «Che autunno ci attende? Dipende». Da cosa? Dipende da tre fattori. La prima: la percentuale delle persone vaccinate. Anche se «scordiamoci di raggiungere l’immunità di gregge». La seconda: la durata delle protezione data dal vaccino, sulla quale al momento non vi è certezza. «Secondo i dati che ci arrivano da Israele la durata si aggira tra i sette gli otto mesi». La terza: la possibilità che arrivi tra capo e collo una nuova variante «resistente ai vaccini». No, la stagione dei sacrifici non è finita. 

Il tono è pacato, ma dritto. Zero fronzoli. E dal palco di Fornaci Rosse, il festival della Sinistra che ieri lo ha ospitato a Vicenza per il secondo anno di fila nella sua serata conclusiva, non indora la pillola. Rassicurazioni, dal direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, non ne arrivano sui prossimi mesi. Crisanti è un battitore libero e non le manda a dire. Neanche alla politica, quella di ieri e quella di oggi. Un anno fa ci si era illusi che il virus fosse evaporato, ora ci si illude che il vaccino da solo sia la panacea di tutti i mali. E intano «si ritornano a commettere sempre gli stessi errori, il virus non ha insegnato nulla». 
Come nel gioco dell’oca si torna alla casella di partenza. «Non è stato creato un sistema di tracciamento, non esiste una struttura dedicata». È questo per Crisanti il peccato originale che si perpetua: la «mancanza di cultura epidemiologica nel nostro Paese». Perché è vero che rispetto a un anno fa ci sono i vaccini, ma Crisanti mette in guardia: «Avere il maggior numero di persone vaccinate è un obiettivo da raggiungere», ma i vaccini disponibili oggi mentre erano efficacissimi sul ceppo originario lo sono meno con la variante Delta. Attenzione, non significa per niente che i vaccini sono acqua fresca perché, conferma Crisanti, «nella grandissima maggioranza dei casi protegge dalle complicanze gravi». 

Non esattamente una sciocchezza. La pecca però è che la Delta ha cambiato un po’ tutto e contro questa variante i vaccini evitano che ci si rimetta la pelle, ma non bloccano la trasmissione. Ed è questo il motivo per il quale Crisanti non metterebbe, oggi, l’obbligo vaccinale. Perché potrebbe portare acqua al mulino dei no-vax. Della serie «visto, mi sono vaccinato ma ho preso lo stesso il Covid». Diverso è se e quando «arriveranno i vaccini di terza generazione» oppure se ci sarà evidenza che un’eventuale terza dose possa essere utile. «Dovesse essere così, dovesse bloccare la trasmissione, allora ben venga l’obbligo». 
Premesso ciò Crisanti aggiunge: «I vaccini che abbiamo sono sicuri e, anzi, mi stupisco abbiano così pochi effetti collaterali. E sono anche stupito che una persona abbia più paura del vaccino che del Covid». Alla fine si avvicina il politologo Ilvo Diamanti: «C’è stata l’epoca dei magistrati, come Di Pietro - gli dice - adesso è l’epoca dei virologi. Basta che non facciano un partito». «Non ci penso neanche», risponde Crisanti sorridendo. 

Roberta Labruna

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