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Diritti e regole

Nasce la carriera alias. La generazione fluida in tre scuole vicentine

Secondo Genderlens si tratta di istituti superiori a Lonigo, Schio e a Nove. Gli studenti che affrontano percorsi di affermazione di genere possono chiedere di usare un nome diverso

Tecnicamente si chiama “carriera alias”, nel concreto significa dare la possibilità ai ragazzi e alle ragazze che non si riconoscono nel sesso assegnato alla nascita di usare nei documenti scolastici l’identità da loro scelta in conformità al loro sentire. Uno strumento per il quale si stanno battendo le associazioni della galassia Lgbtqia, ma non solo, e che risponde in particolare alla esigenza delle persone transgender di autodeterminarsi. Dall’attivazione della carriera alias, la persona che ne ha fatto richiesta (che va presentata dai genitori se lo studente è minorenne) viene dunque identificata solo con il nome di elezione, che viene usato ad esempio su libretto, registro elettronico o mail, e non più con il nome assegnato alla nascita nel quale non si riconosce. 

Tre istituti all'avanguardia

In tutto il Vicentino sono tre le scuole superiori che finora hanno introdotto questa possibilità con un apposito regolamento, ossia l’istituto Martini di Schio, l’istituto Rosselli Sartori di Lonigo e il liceo artistico De Fabris di Nove. A tenere traccia dei provvedimenti è l’associazione Genderlens che sul tema si sta muovendo con Agedo Nazionale. Secondo il monitoraggio proposto dall’associazione, e in continuo aggiornamento, in Veneto a oggi si contano 17 scuole superiori con carriera alias. Tre, come detto, quelle vicentine, cui si aggiungono tre scuole veronesi, due rodigine, quattro padovane e cinque veneziane. A zero invece Treviso. A livello nazionale domina il Lazio, con 36 scuole, seguito da Toscana (27), Lombardia (26) e il Veneto con le sue 17. 
L’argomento è stato affrontato anche dalla Consigliera di Parità, Francesca Lazzari, che in questi anni di mandato ha aperto anche un tavolo con mondo della scuola e il coordinamento provinciale Lgbtq+ di Vicenza. «Con l’ufficio scolastico provinciale - ricorda - si è aperto un dialogo, ma per ora non siamo riusciti a delineare una strategia comune». Il lavoro però è avviato. 

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La situazione

Preferisce sottolineare quel che c’è, piuttosto di quel che manca Giulio Farronato, 30 anni, avvocato della rete Lenford, associazione senza scopo di lucro di persone con formazione giuridica e competenza in materie Lgbtqia, e di Gaga. «Vero che tre scuole sono poche - chiarisce - ma è meglio di nulla e il dato veneto non è male». «La carriera alias - precisa - ha l’obiettivo di garantire il benessere psicofisico degli studenti. Letteratura scientifica sul tema dimostra come le giovani persone T (transgender, ndr) se possono avere un’autodeterminazione già a livello scolastico, da adulte godranno di un benessere maggiore. È importante garantire che la scuola, principale ambiente di formazione della personalità dopo la famiglia, sia accogliente anche per persone transessuali o non binarie». Avviare percorsi come la carriera alias «o meglio sarebbe identità alias», sottolinea Farronato, «è fondamentale», ma è importante «che le scuole lo facciano anche svincolandosi un po’ dal modello giuridico che abbiamo in questo momento, uscendo dall’ottica che debba essere un percorso medicalizzato. È la critica che muovo ad alcuni regolamenti, che richiedono documenti medici o l’avvio di un percorso giuridico». Un altro limite, secondo l’avvocato, è l’obbligatorietà del consenso dei genitori per i minori ultra 14enni «perché non sempre i genitori sono l’ambiente più accogliente». 

Il pensiero nelle scuole

Tra le scuole che di recente hanno adottato la carriera alias c’è il liceo artistico De Fabris di Nove che ha adeguato sia il regolamento, approvato a fine gennaio dal consiglio di istituto, sia gli spazi, individuando un bagno neutro, oltre ai “classici” maschili e femminili. «Era arrivata qualche richiesta - spiega la dirigente Chiara Riello - e ho cercato di dare risposta ai bisogni dei ragazzi. Quando mi è stata manifestata questa necessità tramite genitori e ragazzi mi sono informata e poi ho portato il regolamento in delibera in consiglio di istituto, che lo ha adottato. Alcuni ragazzi hanno così formalizzato la domanda». E come sta andando? «Come una cosa naturale. Mi hanno chiesto di togliere la distinzione tra maschi e femmine in uno dei bagni e l’ho fatto. È un lavoro di squadra tra rappresentanti di istituto, docenti, collaboratori scolastici che va avanti senza problemi. Spero che tutti nella nostra scuola si sentano accolti». 

 

Alessia Zorzan

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