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Nel Vicentino

Sempre di più le donne, soprattutto giovani, che si fanno asportare i seni per prevenire forme tumorali

Proprio come Angelina Jolie. Una doppia mastectomia preventiva. Vale a dire l’asportazione di entrambe le mammelle per evitare il rischio di un tumore al seno. Sono sempre più numerose le giovani vicentine che si fanno avanti per chiedere questo intervento. 
La domanda cresce. Era maggio del 2013 quando l’attrice americana annunciò con un articolo sul New York Times di essersi sottoposta volontariamente alla chirurgia profilattica. «Ho preso questa decisione - spiegò - perché madre ha combattuto il cancro per un decennio ed è morta a 56 anni. Io ho un gene difettoso, il Brca1, che aumenta in maniera consistente il rischio di sviluppare il cancro al seno. Ho voluto scrivere ciò che ho fatto perché spero che altre donne possano avere un beneficio dalla mia esperienza». 
All’epoca la scelta della Jolie fece molto discutere anche se, in effetti, nel suo caso il rischio era altissimo in quanto la star hollywoodiana è portatrice di una mutazione genetica legata al gene Brca1 che aumenta le probabilità di sviluppare un cancro al seno. La familiarità può essere infatti un serio elemento di rischio. A far esplodere il tumore può essere il patrimonio genetico, e ad accertare il pericolo in agguato è un test. Da allora molte cose sono cambiate, e una scelta come questa non suscita più scalpore. Anzi, in Italia, l’Inps ha stabilito che le donne portatrici di gene alterato che hanno scelto di sottoporsi a chirurgia preventiva possono ottenere il riconoscimento di una percentuale di invalidità civile. A giustificare l’indennizzo sono le conseguenze psicologiche, endocrine e riproduttive di un intervento del genere. 
Nell'Ulss 8 il dottor Graziano Meneghini, direttore della Breast Unit e primario di chirurgia senologica, questi interventi di mastectomia radicale ha cominciato ad effettuarli ancora 5 anni fa, ma adesso - dice - la domanda sta avendo una impennata. A decine le richieste. «Abbiamo dovuto sospendere forzatamente gli interventi durante la pandemia ma ora li riprenderemo anche se la priorità va sempre alle urgenze». 
Tante le ragazze, tutte sotto i 30 anni, che telefonano per chiedere la mastectomia bilaterale preventiva, quando appunto le percentuali di cadere nella rete di una malattia perfida sono elevate, e non esistono alternative. Hanno fatto il test perché in famiglia, in passato, ci sono stati casi di neoplasia. Hanno scoperto di essere portatrici dei geni difettosi Brca1 e Brca2, una specie di bomba ad orologeria già innescata che aumenta le probabilità di sviluppare un cancro, appunto, al seno e alle ovaie, e davanti a un futuro incerto e a una prospettiva drammatica, hanno deciso di ricorrere a questa nuova via difficile quanto coraggiosa, che dà maggiori certezze. 
«Sono ragazze - spiega Meneghini - che hanno ereditato dalla madre il gene mutato, e vengono da noi perché sanno che qui facciamo tutto dalla chirurgia alla ricostruzione della mammella. Si tratta, comunque, di un intervento conservativo al massimo. Si toglie solo la ghiandola interna». È un iter, dunque, che si può affrontare con fiducia, ma che va sempre deciso dopo un’attenta valutazione da parte del Gom, un gruppo multidisciplinare formato da oncologi, chirurghi, chirurgi plastici, radioterapisti, genetisti, psicologi, specialisti della riabilitazione, che stabilisce la strategia più idonea sulla base del Pdta indicato dalla Regione, un protocollo fra l’altro aggiornato da circa un mese. «Al primo posto - sottolinea Meneghini - ci deve essere la sicurezza. Tutto va inquadrato in un percorso collaudato. A Vicenza si effettua il counseling. Allo Iov di Padova il prelievo del campione genetico». 
I progressi sono ormai tanti e la chirurgia senologica del San Bortolo è al passo con i tempi. Ora si adotta la cosiddetta “skin sparing mastectomy”. Rappresenta l’ultima frontiera della chirurgia senologica. Si rimuove la neoplasia ma si mantengono pure la forma e il volume del seno, della cute e talora del complesso areola-capezzolo. Si elimina il tumore, e si effettua subito, nella stessa seduta operatoria, la ricostruzione mammaria, lasciando il più possibile integra la parte anatomica. 
Seguendo il dogma di Umberto Veronesi, si è passati dal “massimo trattamento tollerabile” al “minimo trattamento efficace”. 

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Franco Pepe

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