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Vicenza

A 12 anni chiede aiuto a scuola. «Il papà picchia mia mamma»

Studenti in classe durante una lezione (Archivio)
Studenti in classe durante una lezione (Archivio)
Studenti in classe durante una lezione (Archivio)
Studenti in classe durante una lezione (Archivio)

La prima volta ne aveva parlato durante una lezione di didattica a distanza; poi, quando era tornato in classe, era stato avvicinato da un insegnante e si era confidato: «Sì, purtroppo mio papà picchia mia mamma. Succede spesso. Per fortuna è tornato al lavoro e allora mia madre ha un po’ di respiro, ma litigano spesso e lui alza le mani. Lei cerca di nascondere i lividi, ma li ho visti tante volte».

È stato uno studente di 12 anni, figlio della coppia, a far partire l’inchiesta della procura. La presunta vittima non avrebbe mai avuto probabilmente il coraggio di alzare la testa e chiedere aiuto. Lo ha fatto il figlio. 

Il pubblico ministero Cristina Carunchio ha avviato un’indagine a carico di G. G., 46 anni, tecnico vicentino (pubblichiamo le iniziali a tutela del figlio, altrimenti riconoscibile), ipotizzando i maltrattamenti in famiglia. L’indagato, oltre all’inchiesta penale, si è separato dalla moglie, una cittadina straniera di 39 anni, con cui era sposato da una quindicina d’anni. L’ex marito avrà la possibilità di difendersi; al momento vede il figlio, di 12 anni, un paio di volte alla settimana. 

Stando a quanto finora ricostruito, il tecnico avrebbe cambiato atteggiamento in casa con il lockdown, dal marzo dello scorso anno in avanti. Costretto a casa dal lavoro per la chiusura dell’attività, avrebbe iniziato a manifestare sempre maggiore insofferenza verso la moglie, casalinga. Avrebbe iniziato a insultarla, e a litigare per ogni sciocchezza, rinfacciandole diversi comportamenti, in particolare legati alla gestione della casa e delle spese. Quindi avrebbe preso a minacciarla, anche in maniera pesante; e avrebbe alzato le mani in diverse occasioni. Queste scene violente erano avvenute davanti agli occhi del figlio, che ne soffriva molto; aveva cercato da un lato di calmare il padre - che si sarebbe tranquillizzato, di volta in volta, salvo tornare aggressivo nei giorni successivi - e la madre, che tentava di non far preoccupare il figlio. Il quale, però, aveva compreso che era necessario chiedere aiuto. 

Il primo “appello” dello studente sarebbe avvenuto fra gennaio e febbraio. Durante una lezione, avrebbe fatto riferimento a episodi di violenza avvenuti in famiglia. L’insegnante lo aveva poi cercato via pc, e lui si era limitato a riferire che gliene avrebbe parlato di persona. 

Così era avvenuto, alcune settimane più tardi. Al termine di una lezione in presenza l’insegnante aveva chiesto al dodicenne di spiegare bene cosa stava succedendo in famiglia; e lui aveva raccontato delle botte del padre. Con l’ausilio di un altro professore, l’insegnante aveva contattato la mamma dello studente, che aveva minimizzato; ma dalla scuola era partita comunque una segnalazione ai servizi sociali, e di qui alla questura. 

Con uno stratagemma, gli agenti della squadra mobile avevano preso contatti con la mamma dello studente, la quale alla fine si era decisa a parlare e poi a sporgere denuncia contro il marito. «Io non lavoro, e non posso mantenermi. E poi non voglio rovinare la mia famiglia». Con l’aiuto di una psicologa, aveva compreso che per il suo bene doveva troncare quel rapporto malato, e che sarebbe riuscita, con la collaborazione dei servizi, a tirare avanti fino a quando sarebbe riuscita a trovare un lavoro. Madre e figlio sono rimasti nella casa coniugale; il padre, dopo la separazione, ha trovato una nuova sistemazione. Finora ha sempre provveduto a pagare gli alimenti.

Diego Neri

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