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«Traffico illegale di 30 mila volatili»

Secondo le indagini dei carabinieri forestali il traffico illegale di volatili ammontava a 30 mila unitàUn’operazione anti bracconaggio dei carabinieri. FOTO D’ARCHIVIO
Secondo le indagini dei carabinieri forestali il traffico illegale di volatili ammontava a 30 mila unitàUn’operazione anti bracconaggio dei carabinieri. FOTO D’ARCHIVIO
Secondo le indagini dei carabinieri forestali il traffico illegale di volatili ammontava a 30 mila unitàUn’operazione anti bracconaggio dei carabinieri. FOTO D’ARCHIVIO
Secondo le indagini dei carabinieri forestali il traffico illegale di volatili ammontava a 30 mila unitàUn’operazione anti bracconaggio dei carabinieri. FOTO D’ARCHIVIO

Secondo il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trento quella sgominata l’altro giorno era una banda che attraverso un traffico illegale di avifauna aveva messo in atto «un rilevante depauperamento biologico con potenziali danni all’ecosistema della aree naturali a causa della graduale scomparsa delle specie colpite dai prelievi illeciti. E ancora: «L’organizzazione - continua il gip - risultava essere in grado di approvvigionarsi di un considerevole numero di volatili (soprattutto implumi di provenienza estera illecita). Si tratta, in relazione al periodo dell’anno considerato, di volatili da qualificarsi come “nidiacei implumi” ovvero come uccelli che non hanno ancora sviluppato il piumaggio e che non sono ancora in grado di volare, prelevati dai nidi». «Il prelievo - riporta il giudice - avviene con l’apprensione diretta fatta con le mani dal nido o mediante prelevamento del nido stesso. Tale condotta è da ritenere aggravata da violenza in quanto il nido è saldato stabilmente al punto di intersezione del ramo con il tronco». E stando solo ai contenuti delle conversazioni telefoniche e all’accertamento di quanto sequestrato «sono circa 30 mila i nidiacei fatti oggetti di scambio». L’altro giorno i militari della Forestale hanno consegnato l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Borelli a 18 persone. Alcune di loro finite in carcere altre invece agli arresti domiciliari. I denunciati invece sono stati 48. I VICENTINI COINVOLTI. Ai domiciliari è finito il ristoratore Ivan Giuseppe Rossato, 40 anni, di Monte di Malo, e di Alberto Francesco Reniero, 41, di Brogliano, artigiano. Sono stati perquisiti invece Alessandro Carolo, 37 anni, di Bressanvido; Bruno Dovilio Meda, 60, di Malo; Gianantonio Ferracin, 61, di Torrebelvicino; Antonio Scortegagna, 54, di Bosco Monte Magrè di Schio; il cittadino albanese Adriatik Kaja, 50, di Valdagno; Johnny Vencato, 44, di Altissimo; Ugo Giovanni Bontorin, 64, di Romano; Leopoldo Piazza, 63, di Torri di Quartesolo; Giovanni Bertoldi, 72, pure di Torri, e infine Giovanni Fin, 56, di Cornedo. Nei loro confronti le accuse avanzate dalla procura vanno dalla ricettazione al riciclaggio, fino all’incauto acquisto. Fra gli arrestati - sette quelli in carcere, i vertici della presunta organizzazione illegale - devono rispondere anche di maltrattamento di animali e di furto. Rossato, difeso dall’avvocato Francesco Lanaro, e Reniero saranno interrogati domani dal giudice per le indagini preliminari. E in quella circostanza decidere se raccontare la loro versione dei fatti oppure avvalersi della facoltà di non rispondere. LE CONTESTAZIONI. In base a quanto riportato nell’ordinanza del gip, Reniero e Rossato farebbero parte di una «filiera di secondo livello». Un aspetto che emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla procura. Gli arrestati sarebbero stati in contatto con uno dei capi banda, Alessandro Lavina, 50 anni, trevigiano, e a lui avrebbero ordinato i nidiacei. Altri, come Kaja, avrebbero poi provveduto al trasporto. Parte degli animali venduti da Lavina, alla cifra di 26 euro l’uno, erano oggetto di furto e gli inquirenti ritengono che i vicentini fossero a conoscenza della provenienza illecita. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Bernardini

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