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Crespadoro

Settant'anni fa la tragica fine di Bepi Bertagnoli

Bepi Bertagnoli, studente universitario di Arzignano, il 7 aprile morì travolto da una valanga
Bepi Bertagnoli, studente universitario di Arzignano, il 7 aprile morì travolto da una valanga
Bepi Bertagnoli, 7 aprile 1951 - 7 aprile 2021

Il 6 aprile 1951 Bepi Bertagnoli, studente universitario di Arzignano, il partigiano Fuoco, giunge in solitaria alla Piatta di Crespadoro, pianoro incontaminato incastonato a 1200 metri tra le cime dell'alta Valchiampo. Ha con sé i libri, gli sci e la macchina fotografica. Uno scatto alla capanna la Piatta, al versante delle Lobbie, agli strapiombi della Scagina carica di neve. Non sapeva Bertagnoli, consigliere del Cai, che quelle sarebbero state le ultime sue foto, testamento in immagini del suo amore per la montagna. Settant'anni fa, era il sabato 7, veniva travolto da una valanga, a 28 anni. Dalle tristi circostanze di questa disgrazia sgorgherà il canto della montagna per eccellenza (Signore delle Cime), la preghiera in musica consegnata al mondo.

 

Quell'anno la neve aveva superato i due metri. Nel diario delle ricerche, Bortolo Fracasso, sindaco e presidente del Cai, racconta che la domenica mattina Angelo Consolaro, oste di Campodalbero, aveva mandato alla capanna della Piatta «il fidato Adelino», che non vi trovò nessuno. Scrive lo storico Rino Mecenero: «La porta è spalancata, sulla tavola i libri alla rinfusa, annotazioni di studio, una bistecca per il pasto dopo il rientro; all'esterno uno scanno usato per una foto con autoscatto». Bepi era scomparso. Le ricerche iniziarono subito da parte di amici e valligiani che crescevano di giorno in giorno. Con suo padre Giovanni, alpinisti, carabinieri sciatori, guardie forestali, contadini. Da Campodalbero arrivarono con le pale, da Marana con le corde prese dal campanile per calarsi nei canaloni. Tra le guide alpine Gino Soldà. Arrivò anche il corrispondente de Il Giornale di Vicenza, Evelio Fochesato. Si cercava dal Cattarin al Tangaro. Sul dente del Diavolo, a Fraselle, al Gramolon e allo Zevola. E poi a Campodavanti e Campetto, sul Mesole. Verso il Porto, alle Montagnole, alla Bella Lasta. Battuti più e più volte. Nulla. Tante volte dovevano sospendere per la nebbia, la pioggia, le slavine o le nevicate che annullavano il lavoro svolto. Così fino al 19 maggio.

 

Il 20 maggio, quaranta giorni dopo, Francesco Milani salì lungo il sentiero di arroccamento (poi in quel tratto prenderà il suo nome). Qui le ricerche non erano state possibili perché la galleria sulla strada scavata dai militari nel 1916 era ostruita dalla neve. Quella mattina Chichi riesce a passare dall'altra parte e guarda con il binocolo giù nel canalone. Uno sci spezzato, una racchetta. Laggiù in fondo, eccolo... Due scarponi affiorano dalla neve. Mentre le campane di Campodalbero annunciano il mezzogiorno alle contrade, un grido echeggia tra le guglie: «Ho trovato Bepi, è qui!». Riverso sul petto, nella neve. «Non ebbi il coraggio di toccarlo, solo raccolsi i fiori che spuntavano dalla neve, glieli posai sulla schiena e continuai fino a coprirlo tutto». Caricato su un'improvvisata barella intrecciata con rami di pino, venne portato fino alla capanna.

 

Il 3 giugno nel luogo del ritrovamento don Giovanni Battaglia celebrò messa. Il Giornale di Vicenza il giorno 5 pubblicava: «nella meravigliosa cortina dolomitica della Scagina, alle sorgenti del Chiampo, duecento alpinisti e valligiani hanno assistito ad una santa messa celebrata nello stesso luogo ove è precipitato, il 7 aprile, Bepi Bertagnoli, il giovane alpinista del Cai di Arzignano, rinvenuto quindici giorni or sono. Su di un rustico altare scavato tra i mughi ha celebrato don Giovanni Battaglia, il cappellano degli alpinisti ed alpinista lui stesso, alla presenza del padre e della sorella del caro scomparso».

 

Nel 1956 Mariano Rumor pose la prima pietra per il nuovo rifugio, dato in gestione al Cai, e si volle intitolato a Bertagnoli. Chichi Milani dal 1965 lo avrebbe gestito per 18 anni, accogliendo tutti con il suo amaro Tölme di assenzio, el menego maìstro, e con il leggendario minestrone (anche 150 razioni), preparato dormendo "col sasso in man". «E quante patate! Ne ho pelate a camion interi». Lassù si son festeggiati anche i matrimoni. 

Matteo Pieropan

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