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Ambiente

Pfas-Miteni, il Noe riaccende i riflettori sui controlli Arpav. ««L'azienda sapeva delle ispezioni»

Uno scorcio degli impianti della Miteni scattata nell'estate del 2018 prima del fallimento (foto d'archivio)
Uno scorcio degli impianti della Miteni scattata nell'estate del 2018 prima del fallimento (foto d'archivio)
Uno scorcio degli impianti della Miteni scattata nell'estate del 2018 prima del fallimento (foto d'archivio)
Uno scorcio degli impianti della Miteni scattata nell'estate del 2018 prima del fallimento (foto d'archivio)

Una relazione dei carabinieri del Noe di Treviso riaccende i riflettori sull'operato dell'Arpav nella sua azione di controllo nell'azienda Miteni di Trissino alla ricerca di sostanze perfluoroalchiliche nell'estate 2018. L'ipotesi dell'Arma è che l'azienda fosse stata avvisata dei controlli in arrivo.
Alcuni giorni fa la procura di Vicenza ha informato le parti del processo Pfas-Miteni che era disponibile una nuova relazione dei carabinieri ambientali. Il testo è del novembre scorso ed è l'esito degli accertamenti svolti dal Noe sui controlli eseguiti dall'Agenzia regionale nel 2018 relativi alla contaminazione da GenX, una delle sostanze della famiglia dei Pfas, la cui diffusione viene contestata nel capo di imputazione di cui devono rispondere, davanti alla Corte d'Assise, 15 imputati, fra manager e vertici delle multinazionali che si sono susseguite alla guida della ditta trissinese.

Il carteggio I carabinieri ricostruiscono uno scambio di email tra Miteni e Arpav nei giorni precedenti un'ispezione dell'agenzia regionale alla ricerca del GenX. È l'estate del 2018: da marzo di quell'anno la Regione, quando viene informata dal ministero olandese che Miteni lavora il GenX importato da un'azienda dei Paesi Bassi, incarica Arpav di effettuare dei controlli specifici nei pozzi intorno allo stabilimento. L'agenzia, da fine maggio, richiede a Miteni «dettagliate informazioni» sul GenX e chiede anche un campione "standard" di quella sostanza, azioni che avrebbero «fatto capire in maniera equivocabile» che Arpav avrebbe eseguito delle ispezioni. Fatto sta che all'ispezione del 6 luglio gli impianti dedicati al GenX «risultano stranamente puliti», riassumono i carabinieri. L'allora direttore Dall'Acqua spiegava che i controlli erano stati vanificati da «una probabile fuga di notizie», visto che il 5 luglio la stampa dava notizia che l'Arpav era chiamata a ricercare il GenX. Il Noe sostiene invece che Miteni non è venuta a conoscenza del problema GenX dall'articolo di stampa, ma «probabilmente grazie alle richieste mirate» di Arpav iniziate a fine maggio 2018.

I verbali C'è anche un altro aspetto analizzato dai carabinieri ambientali: per cercare la sostanza GenX, c'è bisogno di un campione "standard", che Arpav ha affermato di avere acquistato. Dal carteggio elettronico tra Arpav e Miteni emerge però che l'azienda ha consegnato uno standard all'Arpav, su richiesta della stessa. Questa cosa non è mai stata riferita da Arpav nelle conferenze dei servizi e nel comitato tecnico, così come non c'è traccia nei verbali delle informazioni che Arpav ha chiesto via email a Miteni sul GenX, delle risposte fornite dall'azienda e degli accordi presi per eseguire dei controlli nello stabilimento a luglio. I carabinieri si chiedono: perché non è stato raccontato quello che sta nelle email?

L'indagine archiviata E qui la relazione del Noe si ricollega a ciò che è emerso nei giorni scorsi dalla relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sui Pfas: la Commissione ha svelato che la procura di Vicenza aveva aperto, nel 2019, un'indagine sui controlli di Arpav in Miteni, iscrivendo i nomi di tre fra dirigenti e funzionari per le ipotesi, a vario titolo, di abuso d'ufficio, favoreggiamento personale e falsità ideologica. L'ipotesi era che i controllori avessero favorito i controllati. L'inchiesta poi è stata archiviata a febbraio 2020 in quanto, riferisce la commissione parlamentare, sia procura che gip ritennero «che i reati non sussistessero», mancando il dolo, «pur essendo emerse condotte negligenti e comunque superficiali attribuibili agli indagati nello svolgimento dell'attività di "controllo ambientale" alla Miteni, condotte peraltro contestate dall'Arpav stessa» (il virgolettato è della Commissione). Di fatto, il pubblico ministero Parolin ritenne che i tre indagati non avessero avuto alcun interesse specifico, né vi fosse stata un'azione preordinata a favorire l'azienda (oltre al fatto che avvisare prima è modalità diffusa): per cui non poteva esserci l'ipotizzato abuso d'ufficio. Le difese degli imputati nel processo Pfas - che ieri è stato rinviato di una settimana perché un giudice popolare era ammalato - hanno chiesto di "disarchiviare" quell'indagine, per avere copia degli atti. Non solo: sottolineano da un lato come tutti gli enti fossero a conoscenza delle sostanze in uso e delle barriere idrauliche da anni, e che non vi fosse alcun segreto; e che fosse comunque impossibile dalla fine di maggio all'inizio di luglio compiere lavori strutturali all'impianto tali da "ripulirlo". Vi avrebbero operato i dipendenti Miteni, che non hanno mai riferito nulla del genere agli inquirenti. Senza dire che, come emerso nelle ultime udienze, se pure è stato trovato GenX nelle acque di falda, non sia mai stato trovata una falla negli impianti Miteni, dai controlli effettuati. Va da sé che la questione, più che giudiziaria, appare adesso di natura politica.

Il legale di Arpav «A fronte degli sviluppi degli ultimi giorni siamo noi i primi a volere chiarezza - afferma l'avvocato Fabio Calderone, legale di Arpav - In realtà abbiamo appreso solo recentemente che c'era stata questa indagine della procura; gli interessati non hanno mai avuto informazioni di garanzia ma si sono trovati citati nella relazione della Commissione parlamentare. È singolare. Per la precisione, abbiamo appreso di questi fatti quando abbiamo ascoltato un audio, disponibile in rete, relativo all'audizione di un magistrato da parte della Commissione. Era la fine di dicembre. A quel punto abbiamo chiesto di avere accesso al fascicolo che veniva citato, ma l'istanza è stata rigettata». Conclude il legale: «Arpav ha tutto l'interesse a confermare la propria immagine e la propria credibilità, perciò siamo i primi a volere chiarezza. Vedremo la prossima udienza cosa accadrà».

Marco Scorzato e Diego Neri

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