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Vicenza-Padova-Verona

Pfas e rischi di infertilità: test su mille persone in 23 Comuni della zona rossa

I Pfas alterano la fertilità maschile? Se sì - e ormai non si contano gli studi, anche locali, che lo confermano - qual è la soglia di tossicità entro cui il rischio di danni alla fertilità è più probabile? Chi si è esposto maggiormente a questa conseguenza? Nati o residenti di lunga data nelle zone rosse, figli di donne cresciute lì, emigrati a una certa età? E infine: l'esposizione a Pfas può danneggiare la salute delle ossa? Le risposte dovrebbero arrivare dalla nuova indagine epidemiologica avviata dall'Isde di Vicenza, l'Associazione dei medici per l'ambiente.

Lo studio interesserà 23 dei 30 Comuni della zona rossa - quelli in cui la contaminazione da Pfas ha raggiunto i livelli più alti - tra le province di Verona (da Legnago ad Arcole), Vicenza (da Brendola a Lonigo e Pojana) e Padova (Montagnana e Urbana). L'indagine è rivolta a tutti i maschi, tra il 1985 e il 2003, nati e residenti in uno dei comuni coinvolti nello studio, ma anche a quelli che sono andati a vivere altrove o che sono cresciuti fuori dalla zona rossa ma da almeno 5 anni si sono trasferiti in quell'area a rischio Pfas. «L'obiettivo primario è capire, in modo definitivo, se i Pfas procurano un danno al sistema riproduttivo maschile, e in quale modo», spiega il dottor Francesco Bertola, presidente di Isde Vicenza. Definitivo, appunto, perché questo studio ha un valore aggiunto rispetto ai precedenti che già confermavano questa tesi.
«Il campione riguarda soggetti che, è appurato, registrano un alto dosaggio di Pfas - sottolinea il dottor Enrico Ioverno -. Negli studi precedenti il campione era rappresentato da uomini con dosi di Pfas decisamente inferiori. Non solo, ci servirà a capire a quale livello si cominciano ad avere effetti nell'organismo». La soglia di nocività o la tipologia di esposizione pericolosa, in sintesi: quanti Pfas nel sangue e nello sperma servono per avvertire conseguenze? E come si arriva ad accumulare quei numeri? Il lavoro di sintesi dei dati è affidato all'Università di Padova e in particolare al team coordinato dal professor Annibale Biggeri. Chi si sottoporrà all'esame medico, inoltre, affronterà una densitometria ossea: uno dei timori è che i Pfas possano danneggiare anche la struttura delle ossa. Un valore aggiunto della nuova indagine riguarda infine il numero dei soggetti coinvolti: si conta di raggiungere almeno 900 maschi tra i 37 e i 19 anni, dunque il 10% della popolazione di questa età che, nei 23 comuni, è più o meno di 10 mila.

L'adesione è volontaria: chi accetterà di entrare nel campione si sottoporrà a un esame dello sperma, al dosaggio degli ormoni maschili, a un'ecografia testicolare e alla densitometria ossea. Gli esami saranno condotti da specializzandi dell'Università di Modena. «Si tratta di una serie di esami del costo di 140 euro circa, che saranno effettuati gratuitamente -dice Bertola-. Inutile sottolineare che diagnosi precoci, in questi campi, sono fondamentali per la cura delle patologie». Lo studio si pone come vera e propria campagna di screening. L'Isde coprirà con fondi propri metà della spesa totale (70 di 150 mila euro), mentre il resto si spera arrivi da donazioni e da contributi dei Comuni. Ieri i sindaci presenti all'illustrazione dello studio (Montagnana, Legnago, Lonigo su tutti) hanno già dimostrato di voler contribuire sia nel sostegno economico che nella pubblicizzazione di questa opportunità per i concittadini.

Per aderire o comunque ricevere informazioni è possibile scrivere a uominiepfas@isde.it oppure si può contattare il numero 0444.1497308.

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