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Nuova protesta “No-Pfas” alla Miteni

Gli abiti dei bambini appesi ai cancelli con i  nomi e i valori nel sangue
Gli abiti dei bambini appesi ai cancelli con i nomi e i valori nel sangue
Gli abiti dei bambini appesi ai cancelli con i  nomi e i valori nel sangue
Gli abiti dei bambini appesi ai cancelli con i nomi e i valori nel sangue

Veronica Molinari Si sono ritrovati in un centinaio alla manifestazione davanti alla Miteni, organizzata ieri dalle Mamme No Pfas. Agli slogan che chiedevano lo stop alla produzione l’azienda risponde che chiudere ora vorrebbe dire interrompere l’attività di pulizia della falda, mentre la volontà della proprietà è «procedere a bonificare l’area dall’inquinamento storico in modo veloce, completo e efficace». Alle mamme di Lonigo hanno risposto da Sarego, Brendola, Montecchio, Cologna Veneta, Padova, Montagnana e Verona. Sui cancelli chiusi sono stati appesi abiti da bambino e cartelli con i nomi dei figli e i valori rilevati nel sangue. Carriole, vanghe e zappe hanno accompagnato la protesta pacifica. «La richiesta di quasi 100 milioni di euro di danni presentata al Tar da Miteni per le perdite di fatturato legate alle verifiche e caratterizzazioni per la bonifica è incomprensibile - denuncia Michela Piccoli portavoce delle Mamme No Pfas -. Siamo qui a vendere torte e raccogliere offerte per aiutare l’azienda se non ha i soldi per procedere». Dal primo comune della “zona rossa”, Brendola, arriva Dario Muraro: «Abbiamo organizzato una manifestazione goliardica per sottolineare quello che sta mettendo in campo Miteni. Del piano alternativo alla perforazione 10 per 10 proposto dall’azienda non ci fidiamo e comunque le decisioni spettano a soggetti terzi imparziali». Hanno risposto all’appello anche gli attivisti di Climate Defense Units che a novembre avevano sbarrato l’entrata della Miteni indossando maschere di animali. Chiedono la chiusura della produzione: «Non solo deve essere bloccata l’attività - attacca Danilo Del Bello - ma la multinazionale deve pagare per la bonifica del territorio, oltre a garantire un reddito al centinaio di lavoratori». L’azienda fa sapere che «per quanto riguarda la bonifica dei terreni c’è piena sintonia con la richiesta dei manifestanti e completa disponibilità a iniziarla al più presto. Ma per poterlo fare, per legge, dev’essere terminata la caratterizzazione che sulla base delle attuali prescrizioni durerebbe oltre 15 anni. La proposta di effettuare maglie 10 per 10 rimanderebbe la vera e propria bonifica al 2035. Sarebbe un’assurdità perché siamo convinti che gli inquinanti siano stati identificati e che ora si debba procedere senza perdere tempo in ulteriori ricerche a tappeto che non si basano su alcun dato tecnico e metodologicamente sono sbagliate». «Con la richiesta avanzata al Tar - conclude - non si è chiesto alcun risarcimento, ma si è trattato di quantificare il costo di richieste che avrebbero il solo risultato di bloccare la bonifica». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronica Molinari

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