Finalmente libero. Karim Bachri, 27 anni, mamma trissinese e papà marocchino, dopo oltre 2 anni e 3 mesi in un carcere di massima sicurezza nella capitale del Libano è rientrato in Italia. «Io, il padre e le sorelle - conferma la madre Erica Masiero dalla sua casa di Trissino - siamo andati a prenderlo mercoledì all'aeroporto di Malpensa. Tutte le accuse sono cadute, non ha alcuna pendenza con la giustizia. Finalmente è stata fatta chiarezza. Ora Karim è a casa del padre e dovrà osservare la quarantena. È stata dura ma tutto è finito per il meglio».
Il caso, che ha avuto risonanza nazionale, scoppia l'8 marzo del 2018 a Beirut. Gravissima l'accusa: terrorismo. Una vicenda dai contorni alquanto confusi. A coordinare le indagini non è stata la procura ordinaria libanese ma quella militare. Le manette scattarono due giorni dopo il suo ingresso a Beirut. Per la procura, Bachri voleva organizzare un attacco terroristico di matrice islamista.
Recluso in regime di isolamento, il trissinese ha dovuto attendere un anno e un mese dal suo arresto perché iniziasse il processo a suo carico. Ma solo a ottobre 2019 il suo difensore ha potuto esprimere le argomentazioni a difesa in aula. Da lì è iniziata una vera e propria odissea giudiziaria, che si è finalmente conclusa dopo oltre 2 anni e 3 mesi con l'assoluzione e il rientro in Italia.
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