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Impone lo sposo alla giovane figlia Inflitti 16 mesi

Era finito a processo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. Ma dietro al reato si nascondeva, secondo la procura, un atteggiamento prevaricatore e violento messo in atto dall’imputato per far rispettare una tradizione patriarcale che impone alle figlie di sposare gli uomini scelti dai capifamiglia. Un’usanza atavica che Jagir Singh, cittadino indiano di 60 anni, residente a Castelgomberto, voleva continuare a far rispettare imponendo a sua figlia di sposare un connazionale contro la sua volontà. Un atteggiamento che avrebbe determinato nella giovane donna un profondo stato di paura che l’altro giorno il giudice Camilla Amedoro ha punito con la condanna, nei confronti di Singh, a un anno e quattro mesi di reclusione. L’imputato, difeso dall’avvocato Claudia Longhi era accusato di «assumere comportamenti prevaricanti verso la figlia impedendole di uscire di casa, di frequentare altre persone, di andare al lavoro, percuotendola sistematicamente quando non assecondava le sue richieste». Soprattutto quella - si legge nel capo di imputazione col quale il 60enne è finito a giudizio - legata «all’espletamento delle pratiche necessarie a far giungere in Italia la persona poi divenuta il marito della figlia dopo il matrimonio contratto in India». Una cerimonia per cui la famiglia della ragazza aveva speso una cifra vicina ai 40 mila euro. Nonostante la pesante accusa con cui Jagir Singh era a processo, il pubblico ministero, nella sua requisitoria, aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato per insufficienza di prove. Istanza però rigettata dal giudice che ha invece deciso di condannare il padre della ragazza maltrattata (che i servizi sociali avevano anche portato via di casa nonostante fosse già maggiorenne) a sedici mesi di carcere. «La sentenza di condanna per noi è arrivata in maniera del tutto sorprendente - commenta l’avvocato Longhi -. Non avremmo mai pensato a una decisione del genere. La stessa ragazza aveva testimoniato chiarendo, dal nostro punto di vista, la situazione». Per il legale è quindi scontato il ricorso in appello. «Non appena avremo le motivazioni della sentenza faremo ricorso in appello», conferma l’avvocato. Che poi aggiunge: «La situazione è molto diversa da ciò che potrebbe apparire. Alla fine la figlia, più o meno controvoglia, aveva deciso di sposarsi. E per quel matrimonio la famiglia aveva speso praticamente tutto quello che possedeva ovvero 40 mila euro. Quando però la ragazza è tornata dall’India ha detto al padre che voleva divorziare. I contrasti sono nati in questo momento, non prima. Per questo ci opporremo alla sentenza».Ora la giovane, a quanto pare ha appianato tutti i contrasti con la famiglia. Dopo essersi effettivamente separata si è risposata (con un altro cittadino indiano) andando a vivere, assieme al nuovo compagno, a casa del papà. Che dovrà convivere, oltre che con la figlia, anche con la condanna incassata l’altro giorno. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Bernardini

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