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Il processo

Il dirigente Arpav: «Pfas, sostanze inquinanti dal 1966»

Una delle tante iniziative davanti al tribunale delle Mamme No Pfas, presenti anche ieri in aula
Una delle tante iniziative davanti al tribunale delle Mamme No Pfas, presenti anche ieri in aula
Una delle tante iniziative davanti al tribunale delle Mamme No Pfas, presenti anche ieri in aula
Una delle tante iniziative davanti al tribunale delle Mamme No Pfas, presenti anche ieri in aula

Lo sversamento di sostanze che oggi sono note per essere inquinanti, a Trissino, è iniziato fra il 1966 e il 1967. Lo ha spiegato ieri mattina in aula, nel corso del maxiprocesso Pfas, l'ex dirigente dell'Arpav Italo Saccardo, che nel corso della sua lunga deposizione ha spiegato la probabile genesi dell'inquinamento e la sua evoluzione storica, riferendo anche come sia complesso dettagliare fonti e sviluppo della diffusione, nelle acque, delle sostanze che un tempo non creavano preoccupazione.

Il dibattimento davanti alla Corte d'Assise presieduta da Crea (giudice a latere Cuzzi) è anche questo: un'analisi storica dell'evoluzione della normativa ambientale. Un tema su cui le difese dei 15 imputati (vertici e dirigenti di Miteni, Mitsubishi e Icig, accusati a vario titolo di avvelenamento di acque, disastro innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e bancarotta fraudolenta) premono molto. La riflessione degli avv. Leonardo Cammarata, Ermenegildo Costabile, Salvatore Scuto, Novelio Furin e Raffaella di Meglio è che fino al 1988 venne scaricato un po' di tutto in falda, e gli effetti si vedono fino ad oggi, a causa degli sversamenti industriali che hanno creato una sorta di «inquinamento di sistema». Da quell'anno in poi, con Rivar-Miteni, i reflui sono stati fatti confluire in fognatura, e per trent'anni (fino al fallimento della ditta di Trissino, nel 2018) sono stati gestiti quindi dai consorzi che si sono succeduti. Una tesi osteggiata dalla procura, con i pubblici ministeri Blattner e De Munari, e dalle numerose parti civili, che sostengono invece come i vertici dell'azienda abbiano continuato a consentire scarichi inquinanti anche in epoche recenti.

Ieri, con Saccardo, è stato chiamato a testimoniare anche Carlo Giovanni Moretto, ex direttore dell'Osservatorio regionale delle acque per Arpav, che ha riferito dei controlli compiuti su scala regionale nei fiumi fra il 2013 e il 2018 dopo aver ricevuto l'avviso della presenza di sostanze pericolose nelle acque di falda. Ieri doveva essere ascoltato anche Alessandro Bizzotto, già responsabile del servizio controlli del dipartimento di Vicenza e dell'area di Arzignano; ma è stata aggiornata alla settimana prossima. Le difese avevano chiesto che la sua testimonianza giungesse dopo che era stata data loro la possibilità di esaminare gli atti di un'indagine, oggi archiviata, che aveva visto la procura compiere accertamenti dopo una denuncia dei carabinieri del Noe, che avevano fra l'altro segnalato lo stesso Bizzotto per rivelazione di segreti d'ufficio e per favoreggiamento, sull'ipotesi che avesse informato preventivamente Miteni dei controlli, contribuendo attivamente quindi ad eluderli. Come detto, l'inchiesta è stata archiviata e il funzionario sarà ascoltato in aula come un comune testimone. Ma è scontro sugli atti di quell'indagine (ritenuti importanti dagli imputati), che le difese hanno chiesto alla procura che finora li ha sempre negati; tanto è vero che ora l'avv. Cammarata li ha sollecitati al giudice che aveva firmato il provvedimento. E se in aula, nel corso del dibattimento, emergono molti aspetti tecnici rilevanti per far luce sull'inquinamento, sulle cause e sui responsabili, è fuori dal processo che si sta combattendo ora la battaglia. 

Diego Neri

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