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Da Parigi al Muciòn I fratelli ristoratori ritornano a casa

Filippo e Alessandra Rossato sono tornati ai “monti”.  MOLINARIFilippo, da bambino, pelava patate nel ristorante che oggi gestisce
Filippo e Alessandra Rossato sono tornati ai “monti”. MOLINARIFilippo, da bambino, pelava patate nel ristorante che oggi gestisce
Filippo e Alessandra Rossato sono tornati ai “monti”.  MOLINARIFilippo, da bambino, pelava patate nel ristorante che oggi gestisce
Filippo e Alessandra Rossato sono tornati ai “monti”. MOLINARIFilippo, da bambino, pelava patate nel ristorante che oggi gestisce

Dalla stella Michelin della regina delle Dolomiti e dagli Champs Élysées al Mucchione per ritrovare i profumi di casa. Proprio mentre, dopo la fuga dei cervelli, si profila quella degli addetti alla ristorazione, c’è chi decide di lasciare le cucine e le sale stellate e rincorrere il proprio sogno nella terra natia. A gettare il cuore oltre l’ostacolo sono stati Filippo e Alessandra Rossato, 26 e 24 anni, che 5 anni fa avevano deciso con il diploma dell’alberghiero Artusi in tasca di fare le valige e cercare la propria strada lontano da Valdagno. Strade diverse geograficamente, ma che li avevano portati lontano nella crescita professionale. E oggi sui piatti, serviti da Alessandra, arriva la tradizione veneta, ma rivisitata con le tecniche e i sapori d’oltralpe portati a casa da Filippo. Alessandra, dopo la maturità a Recoaro, non ha esitato a raggiungere la stella Michelin “Il capriolo” a Vodo di Cadore, a due passi da Cortina, dove aveva già fatto uno stage estivo: «Da commis, ovvero cameriera, sono arrivata ad essere considerata una colonna della sala. In 4 anni e mezzo ho appreso i metodi di servizio di un locale stellato. Quando a luglio del 2017 nostra mamma Claudia mi ha avvisato che c’era la possibilità di rilevare “La chiesetta del Muccion” ho subito pensato a Filippo». Loro cresciuti a 800 metri, di quel locale che negli anni Novanta era del cognato conoscevano ogni angolo. Filippo, fin da bambino diceva che un giorno sarebbe stato il suo ristorante e a 6 anni spiava i cuochi in cucina che per non fargli fare troppi danni lo mettevano su una cassetta di bottiglie d’acqua a pelare patate. E se a 13 anni ha varcato i cancelli dell’Artusi, l’amore per la cucina lo ha portato prima a Jesolo per la stagione estiva, poi a Cortina e infine a Parigi. Due anni al “Mori Venice bar” riconosciuto all’Expo 2015 di Milano come il migliore ristorante italiano nel mondo: cucina per Ancelotti, Ibrahimović, Monica Bellucci, Giorgio Armani e Bob Sinclar. «Non sapevo una parola di francese, ma eravamo veneti e friulani e il dialetto risuonava in cucina - racconta lo chef -. I primi tempi è stata durissima. Vivevamo in 3 in 30 metri quadrati e mi mancava l’Italia. Da lì sono andato al “Prince de Galles” dove ho imparato le basi della cucina francese, ma dopo un anno sono approdato al “Caffè Artcurial”, il ristorante sugli Champs Élysées ospitato nella famosa casa d’aste. Da capo partita in un anno sono diventato chef e ho scoperto anche i segreti della cucina vegetariana. Ma l’estero mi stava stretto. Volevo tornare in Italia: mi mancavano gli italiani e il nostro modo di prendere la vita». E il destino ha reso il sogno possibile. A luglio 2017 la notizia che la “Chiesetta del Muccion” è sul mercato, ad agosto i due fratelli hanno già deciso. E sei mesi dopo aprono. «Siamo partiti con un menù semplice e poi abbiamo azzardato riscontrando l’apprezzamento dei clienti. Dalla cucina escono piatti che hanno le radici nella tradizione, ma arricchiti dall’esperienza francese. Ma questo è solo l’inizio del sogno e dobbiamo ringraziare i nostri genitori per aver potuto iniziare». E con una base di coraggio e un pizzico di incoscienza Filippo e Alessandra Rossato stanno sperimentando la ricetta «per spaccare il mondo» con l’entusiasmo di due ragazzi che per amore della propria terra hanno voluto tornare, lasciando alle spalle ristoranti dai nomi altisonanti. Perché si può spaccare il mondo anche rimboccandosi le maniche a casa propria. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronica Molinari

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