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Corriera in valle Lessa
precipitò per 400 metri
Morirono 14 turisti

Sono finora decine di migliaia le persone che sono transitate sul ponte Avis
Sono finora decine di migliaia le persone che sono transitate sul ponte Avis
Sono finora decine di migliaia le persone che sono transitate sul ponte Avis
Sono finora decine di migliaia le persone che sono transitate sul ponte Avis

Il 1° settembre di sessant’anni fa sull’Alto Vicentino piove che Dio la manda. E per giunta fa anche freddo. Non sembra l’ultimo scorcio d’estate, piuttosto il prologo dell’autunno. L’autista ventiquattrenne G.G. di Valdagno quando si mette al volante di una corriera Leoncino, della ditta Perin, con a bordo ventisette villeggianti - la parola turista doveva ancora fare breccia nel vocabolario italico - tutti ospiti di un albergo di Recoaro, non immagina l’incubo che lo perseguiterà per sempre. Il giovane, che dopo la disgrazia vagherà per tre giorni sulla montagna prima di consegnarsi al Procuratore Maistri che lo spedisce in carcere a San Biagio, si mette al volante per la consueta gita all’Ossario del Pasubio e il ritorno da Staro attraverso il Passo Xon. Di lì a un’ora diventerà, suo malgrado, il protagonista della più grave tragedia della strada mai accaduta nel Vicentino, con il bilancio di 14 passeggeri morti, 9 feriti e 4 miracolosamente illesi.

AVIS. La disgrazia è tornata all’attenzione in queste settimane per l’inaugurazione del ponte sulle Piccole Dolomiti, nel Comune di Valli del Pasubio, che è dedicato all’Avis (Associazione volontari italiani sangue). Il motivo dell’intitolazione è perché quel primo sabato di settembre 1956 ci si rese ancora più conto, perché la consapevolezza ovviamente già c’era, dell’importanza di avere a disposizione immediata plasma per salvare i feriti. Da più parti, proprio in questi giorni, ci è stata sollecitata la ricostruzione di quel tragico fatto di cronaca di cui c’è labile traccia, se non nella memoria delle genti di Valli e di Recoaro, per il trascorrere del tempo. Pertanto, attraverso l’archivio del Giornale di Vicenza, ripercorriamo per sommi capi la drammatica pagina di storia locale ai più sconosciuta.

IL GHIACCIO. La sciagura avviene alle 15.30 lungo la “Strada del Re” nel tratto in discesa tra Campogrosso e il colle di Bellavista, nella Valle Lessa, racchiusa tra le pendici del Baffelan e del Cornetto. Siamo in direzione delle cime dei Tre Apostoli. Succede quando l’autista decide di fermarsi. «Il parabrezza si era appannato, tanto che sembrava che si fosse formato uno strato di ghiaccio e decisi di accostare per pulirlo», racconta l’autista al magistrato alle 9.30 del 5 settembre, quando disperato si costituisce. È accompagnato dagli avvocati Prosperini di Vicenza e Passarini di Legnago. L’interrogatorio dura un’ora, prima che le porte del carcere si aprano e il valdagnese vi entri accompagnato dal brigadiere dei carabinieri Michelangeli, che diventerà negli anni Novanta assessore a Vicenza.

LA CONFESSIONE. Il giovane racconta che «dopo avere fermato l’autocorriera al centro della strada, ho spento il motore, innestato la retromarcia e tirato il freno a mano». Quindi apre la portiera di sinistra e, sporgendosi con un panno, comincia a pulire il vetro. In quel frangente accadono due fatti: il panno, impigliatosi, nel tergicristallo cade per terra, l’autista allora scende per raccoglierlo, ma il veicolo comincia a muoversi. «Alcuni passeggeri non appena l’autocorriera si mette in movimento si alzano verso l’uscita dalla mia parte impedendomi di risalire per fermare il mezzo», testimonia disperato. Soltanto i passeggeri seduti nelle prime file si accorgono di andare incontro alla morte. La quindicenne Marisa Bianchi, l’indomani da un letto dell’ospedale, racconta al cronista del nostro giornale Alfredo Mutterle di avere visto un passeggero lanciarsi verso il volante del Leoncino nel tentativo di raddrizzarlo verso la montagna. Inutilmente. A fianco della carreggiata sterrata non ci sono paracarri. Il giovane si lancia nel vuoto evitando per un soffio di essere schiacciato. La corriera comincia a rotolare col suo carico umano nel burrone per interminabili 400 metri, disseminandolo di corpi martoriati.

LA FUGA. Mentre l’autista fugge sconvolto, alcuni operai che stanno lavorando a poche centinaia di metri lungo la strada, e che si riparavano per la pioggia sotto un telone, accorrono al riecheggiare delle urla. Così come alcuni boscaioli. Non appena ci si rende conto della sciagura si corre verso il telefono più vicino, al rifugio “Città di Schio” al Pian delle Fugazze, per allertare i soccorsi. Il tempo intanto passa. Altri vanno alla colonia alpina “Marzotto” che dista qualche centinaio di metri più in basso. Un prete e alcune suore sono i primi ad accorrere e ad impartire le prime benedizioni. La catena dei soccorsi si mette in moto con frenesia. Tra i soccorritori il primo ad arrivare è il brigadiere dei carabinieri Quintilio Ronca di Valli del Pasubio. È lui a far comprendere ai comandi di Vicenza la dimensione del dramma. Intanto, dall’ospedale di Schio partono le prime due ambulanze e i vigili del fuoco volontari (non c’erano ancora i permanenti).

LA SOLIDARIETÀ. I soccorsi si muovono anche da Valdagno e Vicenza. Tenuto conto dei veicoli dell’epoca, dello stato delle strade e delle difficoltà delle comunicazioni da una zona impervia come la Valle Lessa. Il questore Micolis e il tenente colonnello Bajona, comandante del gruppo carabinieri di Vicenza, partono dal capoluogo con diversi uomini. Dalla questura di contrà San Marco viene inviato il primo fonogramma al Viminale con le prime informazioni sommarie. È informato il ministro degli Interni Fernando Tambroni. Intanto, fino a notte fonda i soccorritori, diventati centinaia, dopo avere dato assistenza ai feriti e averli fatti trasferire all’ospedale Baratto di Schio - il De Lellis verrà inaugurato il successivo 28 ottobre -, ricompongono le salme. La più piccola è quella della genovese Maria Ferrando, di 8 anni. Tra le vittime anche una vicentina, Luigia Pace. Il vescovo Zinato celebra i funerali nella chiesa di San Francesco di Schio due giorni dopo. «Vi partecipa una folla impressionante», scrive il cronista, che assiste commossa anche dalla vicina Valletta.

Ivano Tolettini

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