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Caso-Pfas, il superesperto è inglese

Filtri a carboni attivi contro i Pfas installati nell’acquedotto. ARCHIVIO
Filtri a carboni attivi contro i Pfas installati nell’acquedotto. ARCHIVIO
Filtri a carboni attivi contro i Pfas installati nell’acquedotto. ARCHIVIO
Filtri a carboni attivi contro i Pfas installati nell’acquedotto. ARCHIVIO

Sarà Tony Fletcher, dirigente della sanità pubblica inglese, che ha condotto e coordinato lo studio epidemiologico sui Pfas in West Virginia, negli Usa, inerenti la mutlinazionale DuPont, il superconsulente individuato dalla procura per analizzare il caso-Miteni. Ovvero l’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche presente in modo massiccio nelle falde vicentine e anche in vaste aree del Padovano e del Veronese. Assieme a Fletcher, che ha accettato l’incarico affidatogli dai pubblici ministeri Barbara De Munari e Hans Roderich Blattner qualche giorno fa, lavoreranno anche quattro esperti dell’Istituto superiore di sanità di Roma.

Il loro compito sarà duplice: capire se i Pfas rinvenuti nell’acqua siano effettivamente dannosi per la salute e, in caso affermativo quali ripercussioni potrebbero avere (o avere avuto) sulla salute dei cittadini. Un altro aspetto dirimente nella relazione che dovranno presentare in procura gli esperti guidati dall’epidemiologo britannico sarà legato alla scansione temporale.

Tradotto: ammesso che le sostanze perfluoroalchiliche rinvenute nell’acqua siano effettivamente nocive, la Miteni ne era a conoscenza? E se si da quanto? Due domande che potrebbero rappresentare la sostanza dell’inchiesta che sta coordinando la procura perché la responsabilità penale potrà essere contestata dai pubblici ministeri solo per quanto concerne il passato, vale a dire se l’azienda avesse saputo dell’inquinamento e non avesse fatto nulla, oppure se non avesse preso comunque quegli accorgimenti necessari per escludere, a priori, un eventuale inquinamento.

Se invece si dovesse arrivare a stabilire che la pericolosità dei Pfas risale all’attualità e che quindi gli effetti andrebbero a ripercuotersi nel futuro; le responsabilità penali della Miteni diverrebbero di fatto impossibili da perseguire sotto il profilo penale.

Attualmente ai dieci indagati (manager ed ex vertici nonché la stessa azienda di Trissino) è stato contestato il reato di adulterazione dell’acqua (alcuni sono invece indagati anche per il reato di inquinamento ambientale). A fine gennaio era scattato anche il sequestro dell’area un tempo della Rimar (acronimo che sta per Ricerche Marzotto) dove era stato individuato il seppellimento di sacchi di plastica contenti rifiuti industriali.

La Miteni si era difesa sostenendo che «il sequestro e l’approfondimento dei fatti da parte della procura vanno a tutelare tutte le persone, il territorio e chi ha sempre operato nel pieno rispetto delle leggi e dell’ambiente».

Matteo Bernardini

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