Ha traghettato la città dall’età dei Marzotto al nuovo millennio. Maurizio Dal Cengio, a 65 anni, ha posato la matita sul tavolo da disegno della direzione pianificazione del territorio del Comune e da poco più di un mese è pnsionato. Ma chi, come lui, ha trascorso 42 anni tra i corridoi del municipio ne ha di cose da raccontare. E lo fa attraverso la storia urbanistica di una città che nel 1951 aveva, tra le prime in Italia, un piano regolatore e che oggi ha esaurito lo spazio per nuovi capannoni in una zona industriale ristretta morfologicamente e che ha aggiunto all’eredità della famiglia Marzotto tanti pezzi mancanti. «Ho potuto dare il mio contributo in opere che hanno trasformato una città che non è rimasta immobile un istante - esordisce Dal Cengio -. Decine di lottizzazioni e piani attuativi come l’area tra via 7 Martiri e viale Regina Margherita, la piazza e il complesso residenziale e commerciale di Ponte dei Nori o l’area di via Dottor Dal Lago». Intorno ai due cuori lanieri, il centro storico e la Città dell’Armonia, sono cresciuti quartieri, aree produttive, infrastrutture e servizi. «Proprio negli anni ’70 e ’80 le emergenze abitative hanno dato via ai piani di edilizia convenzionata con le vie Aldo Moro, Pascal, Aquileia e Nogara a San Quirico. Stavano nascendo centinaia di alloggi, le scuole superiori, la materna di via De Gasperi, le prime infrastrutture strategiche e le aree verdi». Poi è arrivato il boom economico con i piani di insediamenti produttivi come quelli delle vie Campagna e Campiglia e ultimo quello di via Tomasoni. E da 5 capannoni si è sviluppata l’area in cui oggi sorgono alcune delle importanti aziende della città. E poi gli impianti sportivi in via dello Sport, a Piana, Ponte dei Nori, San Quirico, Cerealto e Castelvecchio. Ma qual è l’opera che è rimasta nel cuore in 4 decenni? «Fondamentali e irripetibili le infrastrutture - aggiunge -. Penso alla Destra Agno, alla rotatoria di Ponte dei Nori, a via Aldo Moro e al traforo verso Schio con la circonvallazione di viale Europa. Ma vedere abbattere il muro del parco La Favorita e farlo diventare parte integrante della città è stato indimenticabile: un progetto di Giorgio Ferrari, ma la cui realizzazione è stata gestita dagli uffici comunali». E nel cassetto è rimasto un progetto incompiuto? «Un mio desiderio è sempre stata la piscina da intendersi oggi come un servizio di valle. Un impianto natatorio con servizi ricettivi e commerciali è oggi nel programma amministrativo. L’ufficio lavori pubblici, solo per il settore strade e impianti tecnologici, contava su 60 persone. Gli attuali settori verde, edilizia pubblica e scuole ne hanno a disposizione solo qualche decina. Ho avuto al fianco collaboratori e operai responsabili e capaci. E la fortuna di aver contribuito al Prg con Bruno Dolcetta, al Pati con Schio e al Piano degli interventi. Ora mi dedico alla mia passione: la montagna». • © RIPRODUZIONE RISERVATA