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Sarcedo/Zugliano

Padre Lazzaro rivive a 60 anni dall'assassinio. «Martire della Chiesa»

Padre Lazzaro Angelo Graziani fu trucidato in Angola
Padre Lazzaro Angelo Graziani fu trucidato in Angola
Padre Lazzaro Angelo Graziani fu trucidato in Angola
Padre Lazzaro Angelo Graziani fu trucidato in Angola

L’Africa era la sua seconda casa. Aiutare i poveri ed evangelizzare era la sua missione: una vocazione e un impegno che ha pagato con la vita. Sessant’anni fa, il padre cappuccino Lazzaro Angelo Graziani veniva barbaramente ucciso nel villaggio di Mpângala, mentre stava visitando le comunità cattoliche del nord Angola. Erano le prime ore del 15 marzo 1961. Aveva 42 anni. Era originario di Sarcedo ma la sua fede rocciosa la ricevette nella comunità di Grumolo Pedemonte a Zugliano. Oggi, 60 anni dopo, è in corso la causa di martirio e, in occasione dell’anniversario, la comunità di Grumolo dedica a padre Graziani un ricordo speciale, articolato con preghiere, messe e un concerto di beneficenza.

La vita Padre Lazzaro nacque a Sarcedo nel 1918. A 3 anni si trasferì con la famiglia a Grumolo Pedemonte in via Sant'Anastasia. Passò la fanciullezza in povertà e serenità. Papà Antonio lo immaginava contadino, mentre in lui nasceva la vocazione religiosa. «Il 9 settembre 1930, a soli 12 anni e conclusa la quarta elementare, entrò nel Seminario serafico di Rovigo – commenta padre Rodolfo Saltarin, vicepostulatore della causa di martirio - Dopo cinque anni di studi, due a Rovigo e tre a Verona, nell’agosto del 1936 Angelo entrò in convento a Bassano per l’anno di prova, il noviziato. Il 2 settembre seguente vestì il saio dei Cappuccini e ricevette un nome nuovo: Lazzaro. Il nome doveva ricordargli la peritonite che, sei mesi prima, lo stava portando alla tomba e l’intervento di una donna anonima che chiese a Dio uno scambio: la sua vita al posto di quella del seminarista. Lo salvò in extremis». Il 21 maggio del 1944 venne ordinato sacerdote a Venezia nella basilica della Madonna della Salute. Il 16 luglio 1944 a Grumolo Pedemonte celebrò la sua prima messa nella chiesa parrocchiale.

L'Africa «Partire per l'Africa era sempre stato il suo sogno – racconta padre Saltarin - L’occasione arrivò con il rientro del padre provinciale dall’Angola e dalla necessità di trovare altri 10 frati missionari: 6 per l’Angola e 4 per il Brasile. Apprese la lingua in Portogallo e il 16 novembre 1957 sbarcò a Luanda. In fasi successive fu a Sanza Pombo, Kimbele e, infine, a Mbanza Kongo. Prima di andarci e per ordine dell’arcivescovo di Luanda (Moisés Àlves de Pinho), dovette lasciare il nome di Lazzaro e riprendere quello di Angelo. Non passò molto tempo e i locali già lo chiamavano “mbuta mutu”, ovvero “anziano autorevole”. In Africa, padre Angelo trascorse poco più di tre anni in un duro e sfibrante lavoro e in mezzo ad ardui spostamenti». Nel tardo pomeriggio del 14 marzo 1961, raggiunse il villaggio di Mpângala. Alle 4 del mattino, alcuni giovani rivoluzionari bussarono alla sua porta con il pretesto di battezzare un bambino morente. Ricevuta la risposta, quei guerriglieri sfondarono la porta e gli spararono tre colpi di fucile; poi gli tagliarono un braccio e una gamba e dalla mandibola gli tolsero la barba. Si trattava della frangia giovanile dell'Upa (Unione popolazioni dell'Angola), formata da persone di fede protestante.

Il martirio La causa di martirio è ai preliminari nonostante siano passati 20 anni da quando padre Rodolfo Saltarin ottenne l’autorizzazione a procedere dall’allora ministro provinciale dei cappuccini veneti, padre Urbano Bianco. «Sono quindi partito per l’Angola ̶ continua padre Rodolfo ̶ e lì ho incontrato padre Gabriele Bortolani, antropologo dell’Università statale di Luanda, che mi aiutò nella ricerca di testimonianze. Si trattava di trovare le prove che Padre Lazzaro è stato veramente ucciso in odio alla fede cattolica. Fra gli altri problemi, non pochi e non facili da risolvere, si tratta ora, attraverso quelle prove, di convincere i membri della Congregazione romana dei santi che padre Lazzaro è un vero martire della fede. Io e Gabriele lavoriamo da più di 20 anni per questa santa causa come se tutto dipendesse da noi, pur sapendo che tutto dipende da Dio». 

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