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Marano Vicentino

«Non posso perdonare chi ha ucciso mio figlio». Tornato in libertà il giovane che ha travolto il 19enne

Alioune Ndiaye, 19 anni, travolto e ucciso mentre si recava al lavoro in bici (Foto Studio Stella)
Alioune Ndiaye, 19 anni, travolto e ucciso mentre si recava al lavoro in bici (Foto Studio Stella)
Alioune Ndiaye, 19 anni, travolto e ucciso mentre si recava al lavoro in bici (Foto Studio Stella)
Alioune Ndiaye, 19 anni, travolto e ucciso mentre si recava al lavoro in bici (Foto Studio Stella)

«Perché è già libero? Perché si trova a casa con la sua famiglia mentre noi ci ritroviamo nel più profondo dolore? Chi ha ucciso mio figlio deve rispondere di ciò che ha fatto. Non voglio rovinargli la vita, ma deve assumersi le proprie responsabilità». È un dolore straziante quello di Makhete Ndiaye, padre di Alioune, il 19enne che ha perso la vita sulla Maranese dopo essere stato investito da un'auto alle 5.30 di sabato.

 

Il ragazzo, di origini senegalesi e residente da diversi anni nel paese dell'Alto Vicentino, stava raggiungendo in bicicletta la Polidoro di Schio - azienda in cui aveva iniziato a lavorare da poche settimane - quando l'Alfa Romeo guidata da Nicolò Dalla Vecchia, 23enne di Schio, che stava viaggiando nella stessa direzione lo ha colpito in pieno. Se le cause del sinistro sono ancora in corso d'accertamento, gli esami effettuati in ospedale avrebbero evidenziato un tasso alcolemico di 1,95 grammi per litro nel sangue dell'automobilista, ora indagato per omicidio stradale con l'aggravante della guida in stato d'ebbrezza. Dopo l'arresto da parte dei carabinieri della Compagnia di Thiene, Dalla Vecchia è stato rimesso in libertà su disposizione della procura. Non sussisterebbe, infatti, il rischio di fuga e non costituirebbe un pericolo.

 

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«Mio figlio è morto e chi lo ha investito deve capire quello che ha fatto. Dovrebbe essere in arresto, non a casa con la sua famiglia», dichiara il genitore. «Ieri qualcuno ha provato a chiamarmi scusandosi per quanto accaduto: non ho capito se fosse il padre o un famigliare del conducente dell'auto. Se lo perdonerò? Non adesso. Il dolore è troppo. La legge è uguale per tutti e questa persona deve rispondere delle sue azioni. Non devono più capitare tragedie simili». Per l'avvocato della famiglia Ndiaye, Deborah Squarzon, non vi sarebbe ancora stato un ravvedimento da parte dell'indagato. «Non ha ancora chiamato i genitori di Alioune. Al conducente dell'auto è stato rilevato un tasso alcolemico di 1.95, circa due ore dopo il momento in cui è avvenuto l'incidente e in ospedale: non è stato possibile ripetere il test nell'immediato per la reticenza dello scledense. Ora è stato notificato l'incidente probatorio sui mezzi, posti sotto sequestro, e il pubblico ministero probabilmente richiederà una perizia», spiega il legale. «In questi giorni tantissime persone hanno dimostrato la propria vicinanza alla famiglia Ndiaye, intenzionata a fare rientrare la salma di Alioune in Senegal. Abbiamo già contattato un'impresa funebre di Brescia, che in passato ha già gestito situazioni simili».

 

Intanto a Marano, e in tutto l'Alto Vicentino, è partita una gara di solidarietà con lo scopo di raccogliere i fondi necessari per il rimpatrio della salma del 19enne. «Si sono attivate decine e decine di persone, sia della comunità senegalese, ma anche tantissimi cittadini della zona compreso il Comune di Marano». 

Marco Billo

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