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PAOLO LOBBA

«Io, accusatore dei Khmer rossi»

L'assessore Paolo Lobba è stato chiamato dall'Onu, per la seconda volta, come avvocato nel processo contro gli uomini di Pol Pot
L'assessore dimissionario Paolo Lobba partirà per la Cambogia
L'assessore dimissionario Paolo Lobba partirà per la Cambogia
L'assessore dimissionario Paolo Lobba partirà per la Cambogia
L'assessore dimissionario Paolo Lobba partirà per la Cambogia

CARRE'. Da Carrè all'Onu, per seguire il processo ai Khmer rossi. Riparte nuovamente per la Cambogia a distanza di due anni, questa volta come ufficiale giuridico a servizio della Corte suprema, Paolo Lobba. L'avvocato 31enne, laureato a Bologna e con un dottorato conseguito a Berlino, partirà martedì per l'incarico che durerà un paio d'anni. Dalle ultime amministrative è assessore alla cultura del suo paese, ruolo che lascia con dispiacere.

Dopo l'esperienza fatta, un impegno più serio.
Sì, starò via più tempo per una posizione più elevata, questa volta sono assunto. È stata una grande emozione ricevere il passaporto diplomatico. Sarò ufficiale giuridico presso il tribunale penale, con sede nella capitale Phnom Penh, dove verranno processati i leader dei Khmer Rossi.

Di cosa si tratta?
È un tribunale di ultima generazione, al contrario del Ruanda o dell'Ex Jugoslavia dove c'erano giudici solo internazionali: un tribunale misto, con sede in loco, gestito dall'Onu e dallo Stato, come in Sierra Leone, Libano e Timor Est. Mi è piaciuto tantissimo lavorare con i cambogiani, avere a che fare con una mentalità e un modo di lavoro diverso per perseguire uno scopo comune.

Fa la differenza essere sul posto, dunque.
È molto importante perché si è vicini al luogo in cui sono stati commessi i reati per i sopralluoghi. E la giustizia è vicina ai familiari delle vittime, che riempiono le aule durante il processo. C'è un gran trasferimento di conoscenza. Credo che la comunità internazionale dovesse ai cambogiani questo processo. Negli anni '70, quando ci sono stati quei crimini tremendi, nulla si è detto perché i Khmer rossi erano considerati rivoluzionari di sinistra e per questo giustificati: sono morte, di stenti e malattie, un milione e mezzo di persone su una popolazione di otto milioni. Volevano che la Cambogia diventasse un'enorme cooperativa agricola. I leader non si pentono di niente tutt'oggi, il loro agire era giustificato dall'obiettivo che stavano perseguendo: sostengono di non aver realizzato il loro progetto per colpa di spie del Vietnam e oppositori.

Di cosa si occuperà?
Del processo ai leader politici: persone con dottorato alla Sorbona, che hanno avuto contatto con la cultura democratica occidentale. Erano quattro, arrestati nel 2007, tenuti in un centro di detenzione speciale vicino alla Corte. Di questi uno è morto e uno ha l'alzheimer. Rimangono, dunque, il vice di Pol Pot, Nuon Chea, detto compagno numero due, e il Capo di Stato della Kampuchea Democratica (nome ufficiale della Cambogia tra il 1976 e il 1979, ndr) Khieu Samphan. A supporto dell'ufficio legale lavorerò con altri due colleghi dell'Onu e quattro cambogiani. Il nostro compito sarà scrivere materialmente le sentenze, fare ricerche giuridiche, assistenza in udienza e capiterà di dover fare da pacieri tra i giudici: in totale sette, anche in questo caso tre dell'Onu e quattro cambogiani.

Com'è arrivato un incarico così prestigioso?
Un percorso iniziato dopo la laurea. Ho avuto la fortuna di vincere il dottorato, esperienza che mi ha portato a Berlino in un centro di ricerca sui crimini internazionali importante. Ho cominciato a studiare frequentando dei corsi di specializzazione e master e i convegni come relatore.

C'era già l'intenzione di lavorare nell'ambito dei diritti umani?
Sì, mi sembra di aver un impatto più incisivo sulla realtà, al contrario del diritto, che spesso sembra materia astratta. E da quando sono in Comune me ne sono reso conto ancora di più e per questo mi dispiace andarmene. Abituato all'ambiente accademico dove si insegna, si scrivono articoli, si commenta ciò che esce di nuovo, fare le cose come amministratore dove sei nato e sentire il calore della gente mi ha riempito l'anima, un'esperienza incredibile.

Dunque dispiace lasciare?
Mi dispiace da matti. Spero di tornare tra due anni e poter portare le competenze acquisite a beneficio della comunità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Elena Guzzonato

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