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Gemmo, quota 100 pensando al futuro

Livio Gemmo ha ripercorso con un volume i cent’anni della Gemmo Thiene, storica azienda. CISCATO
Livio Gemmo ha ripercorso con un volume i cent’anni della Gemmo Thiene, storica azienda. CISCATO
Livio Gemmo ha ripercorso con un volume i cent’anni della Gemmo Thiene, storica azienda. CISCATO
Livio Gemmo ha ripercorso con un volume i cent’anni della Gemmo Thiene, storica azienda. CISCATO

Thiene è la sua bandiera. La bussola della vita. Un po’ come l’azienda che dirige, la Gemmo Thiene. Ha compiuto un secolo di vita e il Comune le ha attribuito il prestigioso premio annuale che riserva a coloro che rendono particolare lustro alla città. Livio Gemmo, classe 1973, segno acquario, è il terzogenito della dinastia di imprenditori. Prima nonno Livio. Poi papà Giorgio. Ora c’è lui. Un giorno, lontano, a guidare l’azienda di famiglia potrebbe essere il suo primogenito che presto verrà alla luce. Si chiamerà Giorgio, in linea con la tradizione. Livio è un vulcano di idee. «Noi elettrotecnici saremo gli artigiani del futuro. Chi sa lavorare con la mani renderà concreti i progetti». Diploma al liceo classico Corradini, una laurea mancata d’un soffio in ingegneria elettrotecnica all’università di Padova. Per volontà. Non incapacità. Racconta. «Avrei dovuto dare l’esame di Impianti elettrici con il professor Lorenzo Fellin. Un cervello illuminato, si direbbe oggi. Ma c’era un ma. Lui collaborava già per la nostra azienda. E io temevo di non essere all’altezza delle domande. Viene da ridere a pensarla così in un mondo che spesso segue le dinamiche care ai furbetti. Io invece mi sentivo tutto d’un pezzo. Ma anche non preparato a sufficienza. L’esame non l’ho sostenuto e non mi sono laureato». Ma era preparato? «Il teorema di Bolzano-Weierstrass lo so a memoria». Non solo. «Ho studiato calcolo numerico con la professoressa Maria Morandi Cecchi. Faceva parte del team che generò un algoritmo che permise l’allunaggio dell’Apollo 11. Io per starle dietro rifeci i programmi di una calcolatrice HP scrivendo due dispense sugli algoritmi nel linguaggio C++». L’azienda è la vita di Livio. Che ha ripercorso cent’anni di impegno della sua famiglia in un volume di 188 pagine in cui le fotografie (molte d’epoca, alcune inedite) costituiscono parte essenziale del racconto. Il volume, la cui prefazione è affidata a Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, ripercorre i primi cent’anni dell’azienda: una cinquantina di dipendenti, polo produttivo a Cogollo, un importante punto vendita in città. Nonno Livio e papà Giorgio sono i pilastri del racconto. Livio, classe 1898, nato nel cuore della vecchia città, a soli 12 anni ha già accesa nel cuore la scintilla per una precisa vocazione. Il sogno è quello di diventare elettricista. Sono gli anni eroici dell’elettrificazione. Poi la Grande guerra, il richiamo al fronte, sull’Altopiano di Asiago, sergente nel Genio fotoelettrici e quindi la nascita della sua bottega in via Trieste, a Thiene. Un negozio di fili elettrici e lampadine. La seconda passione del nonno è il calcio. È un attaccante atipico, ama giocare a tutto campo e ai gol preferisce gli assist. Inizia la sua carriera nel Thiene, quindi approda all’Hellas Verona, in serie A. Una sua doppietta permise agli scaligeri di battere i rossoneri 2-1. Era il 27 novembre del 1921. Gloria rossonera, membro del Comitato di liberazione nazionale, poi consigliere comunale. Alla sua memoria è intitolato il campo di calcio nel quartiere di Ca’ Pajella. A giocare a calcio c’ha provato anche Livio jr, sponda Robur, ruolo attaccante «Ma ero già con la testa nel mondo del lavoro. Detto fra noi, superare il talento del nonno non sarebbe stato facile». Dunque l’impresa di famiglia. A fianco di papà Giorgio, «elettrotecnico sopraffino e uomo equilibrato e generoso» che intanto aveva provveduto all’illuminazione dello stadio Menti, a Vicenza, e del Miotto. Più tardi sarà la volta del Mercante, in occasione dei Mondiali di ciclismo del 1985, a Bassano. Quindi dello stadio di baseball di Vicenza, per i mondiali del 1998. Ma non solo. Livio è entrato in azienda nel 1999, a 26 anni. Gli aneddoti non mancano. Fin dal suo primo giorno, quando si presentò nell’ufficio di papà. Racconta. «Cosa devo fare?». «Osserva», la risposta. «E per quanto tempo?». «Almeno dieci anni». L’etica è nel dna di Gemmo jr. «Un economista mi ha detto che la parola famiglia doveva essere abolita dal vocabolario delle imprese, in quanto si tratta di società nate solo per fare utili. Ebbene: noi siamo una famiglia. E siamo qui da cent’anni». Poi un pensiero. Profondo. Spiace solo che il premio Thiene non l’abbia potuto ritirare papà Giorgio. È il suo premio». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Andrea Mason

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