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Alto Vicentino

Vite divise, stessa
casa: il sacrificio
di una mamma

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Michela Lapo, infermiera al pronto soccorso, con la figlia Maria
Michela Lapo, infermiera al pronto soccorso, con la figlia Maria
Michela Lapo, infermiera al pronto soccorso, con la figlia Maria
Michela Lapo, infermiera al pronto soccorso, con la figlia Maria

«Mamma, ho paura. Perché non cambi lavoro?». Maria ha 14 anni, ed è studentessa al primo anno delle superiori. Mamma è Michela Lapo, da vent'anni in prima fila al pronto soccorso, ora all'ospedale Alto Vicentino.Tra le storie e le vite parallele che si incrociano nel pieno dell'emergenza coronavirus le loro sono parole toccanti. Da una arte la spensieratezza e ora la preoccupazione di una ragazzina, dall'altra il senso del dovere di mamma. Costretta a fare i conti tra l'amore per la famiglia e la dedizione e professionalità che riserva quotidianamente ai pazienti che le vengono assegnati. Maria è l'emblema di chi sta dall'altra parte del fronte. A casa. Convivere con la paura, evitare un nemico subdolo. Aggrapparsi alla quotidianità.

 

Michela Lapo e la figlia Maria a loro modo sono sulla medesima trincea. Il dialogo. «Mamma sei stata anche oggi con i pazienti positivi? Perché non chiedi di cambiare lavoro? A me sembra sia il caso che tu lo faccia e ti prenda anche una bella vacanza perché mi mancano tanto i tuoi baci e le tue carezze!». Da quando è scoppiata l'epidemia sono 25 gli infermieri deceduti e oltre 5.500 i contagiati in Italia. Il 3 aprile Michela avrebbe dovuto festeggiare il suo cinquantesimo compleanno; aveva chiesto un giorno di riposo due mesi prima ma ha dovuto rinunciare perché il suo turno sarebbe rimasto scoperto. Da alcune settimane Maria non può più dormire con la mamma; deve stare attenta a non usare lo stesso bicchiere e quando torna a casa non può abbracciarla. Allora le fa trovare dei bigliettini con su scritto "Mamma sei la mia eroina, la mia roccia".

 

«Quando Maria mi ha chiesto di cambiare lavoro non ho avuto esitazioni e le ho risposto che non lo farei mai - confida Michela, infermiera professionale dal 1992 -. Se uno ama il proprio lavoro lo deve fare soprattutto nei momenti difficili. Alle volte mi prende lo sconforto, la tristezza ed anche la paura perché questo virus non guarda in faccia a nessuno. In 28 anni non mi sono mai trovata ad avere tanta paura come adesso! Riuscirò a non provarla quando, finita l'emergenza, un paziente si presenterà in pronto soccorso con febbre, tosse e dispnea? Cerco comunque di pensare positivo. Mi auguro che questo brutto momento serva ad unirci di più e ci insegni ad apprezzare il valore della vita». Non eroi, ma donne e uomini che lavorano con passione e scrupolo.

Bruno Cogo

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