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Il Pontefice in Africa

Padre Carlassare cammina nove giorni per incontrare Papa Francesco

Il vicentino, vescovo della diocesi di Rumbek in Sud Sudan: «Solo il disarmo del cuore può portare pace in Africa»
Il religioso mons. Christian Carlassare durante una cerimonia religiosa a Rumbek  (Foto Archivio)
Il religioso mons. Christian Carlassare durante una cerimonia religiosa a Rumbek (Foto Archivio)
Il religioso mons. Christian Carlassare durante una cerimonia religiosa a Rumbek  (Foto Archivio)
Il religioso mons. Christian Carlassare durante una cerimonia religiosa a Rumbek (Foto Archivio)

Pace intesa non solo come accordi diplomatici, ma come cancellazione di tutte le differenze, come sentimento di fratellanza tra le genti, come rifiuto delle armi e della violenza. Ha questo significato la pace di cui ha parlato papa Francesco, in questi giorni, durante il suo viaggio in Africa, secondo mons. Christian Carlassare, vescovo della diocesi di Rumbek, in Sud Sudan, originario di Piovene Rocchette. E proprio in Sud Sudan è arrivato ieri papa Bergoglio, dopo la sua visita nella Repubblica democratica del Congo. 

Sud Sudan, Papa Francesco incontra i rappresentanti religiosi

L'incontro con il Papa in Africa

Nella capitale Giuba, il pontefice ha incontrato i vescovi sudsudanesi, tra cui padre Christian, missionario comboniano arrivato nella città dopo nove giorni di cammino, «un pellegrinaggio di pace» lo definisce. Ma chiarisce subito: «La parola pace, in Sud Sudan, significa tante cose. Non tanto un accordo di pace, che è già stato firmato, ma che ancora non ha dato quella pace che significa tranquillità, sviluppo economico, visione del futuro. Quindi penso che la pace di cui il Papa parla non sia tanto un “cessate il fuoco”, un accordo, un governo di unità nazionale, di per sé buono ma comunque istituzionale, che non risolve i problemi del Paese, ma una pace intesa come un dono che viene dall’alto, che viene accolto nel cuore di tutti; non solo una pace firmata dalle istituzioni, ma una pace accolta da tutte le persone, che in Sud Sudan passa attraverso il disarmo del cuore, che è fondamentale per un disarmo fattuale anche del paese, per la cancellazione delle armi e dell’uso della violenza nelle relazioni economiche, fra le persone, fra i diversi gruppi». 

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Padre Christian vittima di un attentato nel 2021

Padre Christian è stato diretto testimone della violenza in Sud Sudan, quando, nell’aprile 2021, fu ferito a colpi di kalashnikov alle gambe da due sconosciuti che si presentarono alla porta del suo alloggio. Il prelato non si lasciò intimidire e, dopo essere guarito, continua tutt’oggi con la sua opera pastorale in terra africana. «Una pace che significa anche tranquillità - continua mons. Carlassare - serenità, vita comune, la capacità di risolvere i problemi nel dialogo, nell’avvicinarsi all’altro non più come un nemico o una persona da cui guardarsi, ma un fratello, una sorella. Pensiamo solo che in Sud Sudan convivono 64 gruppi etnici, ognuno con la propria narrativa nella quale l’altro viene spesso chiamato nemico piuttosto che fratello o perlomeno concittadino. Quindi penso che il Papa arrivi in Sud Sudan parlando di pace, chiedendo alle istituzioni un impegno forte per la gente, non per favorire un gruppo specifico, ma per guardare al bene di tutto il Paese, soprattutto senza dimenticare i gruppi più fragili che purtroppo, invece, spesso vengono emarginati e lasciati da parte». 

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Il ruolo della Chiesa nell'impegno per la pace

Il prelato guarda poi alla positività di una collaborazione tra popolo e istituzioni, «non mettendo i bastoni tra le ruote - è il suo auspicio - ma essendo in grado di scegliere la pace, la non violenza, il dialogo anche in situazioni critiche, perché davvero è necessario che la popolazione sia riconciliata, sia istruita e abbia maturato posizioni e azioni di pace». 
Un ruolo importante, in questo processo, secondo padre Christian può essere rivestito dalla Chiesa. «Penso che la pace di cui il Papa parla chieda anche l’impegno di tutta la Chiesa - conclude il vescovo originario di Piovene - che sia una Chiesa profetica, impegnata, attenta, a servizio della giustizia, della comunione e della riconciliazione nel Paese».

Matteo Carollo

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