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Schio

Saluto romano in piazza: assolti tutti i neofascisti

Il saluto romano durante la commemorazione fra nostalgici, senza intervento del pubblico, non fa proselitismo al disciolto partito fascista e pertanto non è un reato. Se è stata questa tesi della difesa ad essere accolta, lo si saprà fra tre mesi, quando saranno depositate le motivazioni. In ogni caso, nel primo pomeriggio di ieri il collegio presieduto da Amedoro (giudici Salvadori e Russo), ha assolto, perché il fatto non sussiste, 17 persone, per le quali la procura, con il pubblico ministero Pinna, aveva sollecitato la condanna. Non già per la violazione della legge Scelba del 1952, ma per quella della legge Mancino contro le discriminazioni, che quel gesto di drammatica memoria richiamerebbe («chiunque, in pubbliche riunioni compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi» che inneggiano alla discriminazione razziale). In aula è prevalsa la tesi delle difese, con gli avv. Antonio Radaelli, Edoardo Poletto e Maurizio Pasqualon, che tutelavano i 17 appartenenti all’estrema destra, vicentina e non, che nel luglio 2019 commemorarono a Schio l’eccidio del 1945 alzando il braccio destro. 
Sono stati assolti Pietro Puschiavo, volto storico dell’ultradestra vicentina, 56 anni, di Sarego; Giacomo Carollo, 34, di Thiene; Giovanni Fabris, 22, di Piovene; David Ciervo, 39, di Altavilla; Domenico Obrietan, 74, di Sovizzo, già segretario provinciale de La Destra; Gian Luca Deghenghi, 51, di Vicenza, portavoce di Movimento Italia sociale; Leonardo Sanson, 29, di Dueville; Roberto Acerra, 69, di Vicenza; Luigi Tosin, 69, di Vicenza, presidente di Continuità ideale; Valeriano Androni, 61, di Padova; Giordano Caracino, 42, di Padova, già portavoce di Veneto Fronte skinheads; Samuele Antoniol, 30, di San Giorgio in Bosco; Moreno Caccia, 47, di Faloppio; Massimo Gibertoni, 38, di Verona; Giuseppe Landolfi, 56, di Trento; Michele Prandi, 34, di Trento, e Daniele Valenti, 22, di Sona. 
I fatti contestati erano avvenuti in occasione della memoria dell’eccidio, quando vennero organizzate due manifestazioni. Quella presa in esame dagli inquirenti era l’iniziativa davanti alle ex carceri di via Baratto promossa da Continuità ideale, a cui aveva aderito anche Veneto Fronte skinhead, per un totale di circa 150 partecipanti tra militanti e simpatizzanti. I manifestanti erano non solo appartenenti a gruppi locali, ma soprattutto provenienti da diverse province venete e da Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Trentino Alto Adige. Arrivati in centro con un pullman doppio, avevano effettuato un breve corteo fino alle carceri. Quindi avevano commemorato le 54 vittime del fuoco partigiano con la tradizionale deposizione di una corona di fiori, dando poi lettura dei nomi e proponendo un momento di riflessione e commento storico, accompagnati da saluti romani di massa. «Vista l’impossibilità di reperire un lefevriano, quest’anno non ci sarà un momento di preghiera ufficiale, saremo senza preti - aveva sottolineato Tosin - e ne facciamo a meno». Molti manifestanti, aveva annotato la Digos della questura berica, presente ad entrambe le iniziative (l’altra era un corteo antifascista), da sempre oggetto di polemiche non solo a Schio, avevano gridato “presente” esibendo il saluto romano. Tutti erano stati filmati, diversi quelli identificati dalle telecamere. Poi erano scattate le denunce, che avevano portato al processo (con l’Anpi parte civile con gli avv. Emilio Ricci e Mario Faggionato).
Per le difese non si trattò di un comizio, e quindi non c’è stata discriminazione. 

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Diego Neri

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