Pesanti perdite nei raccolti di cereali e colture a rischio anche per i prossimi mesi. La siccità continua a fare danni nel settore agricolo dell’Alto Vicentino, un comparto che sconta una pesante moria di aziende, soprattutto nell’area collinare e pedemontana.
La siccità. I numeri sono impressionanti: a causa della scarsità di precipitazioni, la Coldiretti scledense stima già perdite del 40% per quanto riguarda le coltivazioni foraggere come il fieno, ma anche per l’orzo e il frumento. Per altri prodotti, poi, siamo solo all’inizio: è in corso in questi giorni la semina di mais e soia, ad esempio, ed è proprio in questa fase che le precipitazioni sono fondamentali. Chi ha potuto irrigare, ha salvato le orticole, mentre i frutteti sembrano aver sofferto meno dell’anno scorso, quando le gelate tardive avevano rovinato le fioriture. In sostanza, però, manca l’acqua. E manca, secondo gli operatori del settore, una visione più ampia e di lungo periodo che punti l’attenzione su opere e progetti. «Siamo carenti a livello di progettazione dal punto di vista della risorsa idrica, sia per l’agricoltura che per l’uso domestico - spiega il presidente della sezione di Schio di Coldiretti Andrea Lora - la strada da seguire è quella di fermare l’acqua a monte, realizzare delle opere di contenimento, come i bacini. Bisogna studiare bene, però, la localizzazione di questi interventi: è inutile fare un bacino in piena campagna, quando ai piedi dei monti o nella collina medio-alta ci sono zone inutilizzate che potrebbero essere individuate per lavori di questo tipo. Grazie alle tubazioni in discesa dal Leogra e dal Timonchio si potrebbe poi portare l’acqua a valle, negli acquedotti e per l’agricoltura. Un altro problema è quello della cementificazione: con l’impermeabilizzazione del terreno, l’acqua che cade dal cielo viene dispersa e possono verificarsi allagamenti ed esondazioni».
Scorte d’acqua. Il tema dei bacini è un aspetto sul quale si dibatte da decenni, in tutto il Vicentino. «È assurdo che si parli di bacini solo quando siamo in crisi e quando c’è la siccità - sottolinea il presidente del consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta Silvio Parise - nei momenti in cui c’è disponibilità di acqua si dovrebbe avere la capacità di progettare e fare qualcosa in modo da far fronte al problema nei momenti di carenza. In questi giorni inizia a registrarsi una crisi anche per le falde sotterranee e per le risorgive». Sembra però che qualcosa stia per cambiare. «Abbiamo eseguito un monitoraggio nell’Alto Vicentino e abbiamo individuato 3-4 siti nei quali potrebbero essere realizzati nuovi bacini: piccole aree umide delle quali potrebbe usufruire chi si trova nelle vicinanze o non molto lontano. Al momento si tratta solo di idee. C’è sempre, poi, il progetto della diga di Meda, (a Velo d’Astico, ndr), che potrebbe accogliere 7 milioni di metri cubi d’acqua, garantendo continuità al torrente Astico e all’irrigazione nell’Alto Vicentino».
L’emorragia. Un settore in sofferenza, dunque, che sta subendo una grave moria di aziende: secondo le stime di Coldiretti Schio, negli ultimi 10 anni ha chiuso i battenti il 50% delle imprese agricole della zona, con punte dell’80% nell’area collinare. Quali i motivi di questa tendenza? «Non sempre c’è stato un ricambio generazionale - continua il presidente Lora - ma soprattutto la zona pedemontana ha visto la morte di tante aziende perché le persone preferivano andare a lavorare in fabbrica, riposando il sabato e la domenica e con uno stipendio garantito. Quando un settore inizia a calare, le amministrazioni e gli addetti non investono più, perché non vedono un futuro del comparto. Una marea di campagne, inoltre, è scomparsa, sostituita da case, strade e capannoni». I giovani rifiutano, dunque, il lavoro nei campi? «In realtà su questo punto il trend sta cambiando - conclude il presidente - anche se partire con una nuova azienda, oggi, è un’impresa titanica: bisogna avere la capacità di stare sul mercato, essere un’azienda di una certa dimensione, non si può più andare avanti con la conduzione familiare. E per dare vita ad un’impresa strutturata serve una discreta quantità di terreni».