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L'intervista alla superstite

«La Marmolada ci ha fatto innamorare e poi ci ha divisi per sempre. Ma tornerò»

«Ha urlato “via!” e mi ha spinta in avanti, in questo modo mi ha salvato la vita». Alessandra De Camilli, la scledense sopravvissuta al disastro della Marmolada del 3 luglio, dieci giorni dopo, recuperata la lucidità dopo vari interventi e lo shock, racconta al nostro Giornale il legame tra lei, il fidanzato Tommaso Carollo, una delle sette vittime vicentine della tragedia, e la montagna.

Come sta, prima di tutto? 
Il dolore fisico si sta placando, ma tutta la parte destra del corpo non posso muoverla. È stata completamente fratturata. Il piede è stato ricostruito, il ginocchio è rotto, le dita sono rotte, vertebre, costole e bacino sono rotti. Psicologicamente sono a pezzi.

Cosa ricorda di quella domenica? 
Eravamo praticamente arrivati al rifugio, mancava circa un quarto d’ora. Avevamo finito il ghiacciaio, ci eravamo già tolti i ramponi ed eravamo alla fine del percorso. Ad un certo punto abbiamo sentito, io Tommaso e due stranieri che erano vicino a noi, un forte boato. D’istinto abbiamo guardato tutti verso la montagna e abbiamo visto pietre grigie e pezzi di ghiaccio blu che ci stavano travolgendo. 

E poi cos’è successo?
Ricordo il braccio di Tommaso, sento ancora la sua voce che mi ha detto “via” e mi ha spinta in avanti e poi ho perso i sensi. Quando mi sono svegliata era già finito tutto e avevo un soccorritore vicino. È venuto a trovarmi qui in ospedale il titolare del rifugio, Luca. Mi ha raccontato che appena ha sentito la valanga è accorso e mi ha detto che sono stata una delle prime ad essere tirata fuori. Questo perché eravamo alla fine del percorso, quindi anche i primi che potevano trovare e quelli più in superficie. Ho un vago ricordo di essere salita sull’elicottero, ma non so come. Quando mi sono svegliata avevo capito che era successo qualcosa di brutto. Ho ricordato i sassi. Mi hanno dato il mio zaino e vicino c’era il caschetto di Tommaso, ma lui non c’era.  

Di cosa stavate parlando lei e Tommaso prima del boato? 
Mi diceva vedrai che la prossima volta ce la farai, andiamo su fino in cima. Prima dell’estate torniamo e arriviamo fino alla vetta. 

Chi aveva deciso di andare proprio lì quella domenica? 
Noi non dovevamo esserci quel fine settimana perché Tommaso aveva telefonato, ma non c’era posto. Il venerdì mi ha detto che il titolare lo aveva chiamato perché erano arrivate due disdette e voleva farmi una sorpresa. Così abbiamo deciso di partire, perché eravamo saliti già il 9 aprile ed era stato un fine settimana stupendo. Ma non avremmo dovuto proprio andare.  

Avevate considerato il problema del caldo? 
No. Io non sono un’esperta di ghiacciai, ma andando in su in macchina Tommaso aveva chiamato una guida alpina per accordarsi e nessuno aveva menzionato il fatto che potesse esserci qualche problema. Il sabato abbiamo dormito in rifugio, era pieno di gente esperta che saliva e nessuno ha detto che poteva esserci qualcosa di pericoloso. Io mi sono fidata. Siamo partiti alle 6 del mattino e faceva freddo. I 10 gradi sono arrivati a mezzogiorno, ma non avevo la percezione che fosse così caldo. Mi sono fidata di Tommaso e di tutte le persone con cui ci siamo interfacciati. 

La sua passione per la montagna nasce dopo l’incontro con Tommaso? 
No, è cominciata prima. Noi ci siamo conosciuti grazie alla montagna. Io andavo nelle nostre zone a camminare, Pasubio e Carega, solitamente. A gennaio con le amiche avevamo iniziato a fare escursioni più impegnative e con lui poi sono andata in Marmolada e in posti più distanti da casa. Lui era esperto, solo quest’anno era andato in Marmolada dieci volte. Aveva frequentato vari corsi di alpinismo, era preparato. Io Tommaso l’ho conosciuto proprio perché ci univa la passione per la montagna.  

Tornerà in Marmolada? 
Penso di sì. Non so quando e non so come. Fare tutto senza Tommaso sarà difficile perché avevamo in mente tante cose da fare assieme. Adesso sarà difficile, ma la montagna mi piace e quello che è successo non è colpa della montagna. È stato un brutto destino. Forse ci sono delle cose che vanno tenute più presenti perché la montagna non perdona. A Tommaso è andata male, ma anche per me che sono qui non è una sbucciatura che passa in fretta. Ma se ami la montagna prima o poi ci torni.  

Qual è la vetta che la lega maggiormente a Tommaso? 
Per assurdo è proprio quella che me l’ha portato via. La Marmolada è un posto che mi ha dato tanto e anche tolto tanto. 
Quali erano i vostri programmi? I progetti arrivavano giorno per giorno. Avremmo dovuto fare una vacanza assieme a suo figlio a cui era tanto legato. Era un papà innamorato, sempre presente. Ma il destino purtroppo ha rovinato tutto. 

Rubina Tognazzi

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