La "Cima Coppi" dello Stelvio se l’è guadagnata a forza di braccia, spingendo per 25 chilometri e 48 infiniti tornanti la sua carrozzina, quasi 8 ore, tagliando il traguardo a 2.758 metri sotto il nevischio. Federico Rossi, 28 anni di Schio, da 14 costretto alla sedia a rotelle, è il protagonista di un’impresa sportiva (e umana) che nessuno aveva mai fatto prima. Non solo una vittoria per se stesso, ma - ha spiegato al termine - «per tutti coloro che soffrono di disabilità molto più gravi della mia e non possono praticare alcuno sport».
In sedia a rotelle dall'età di 14 anni
Il giovane vicentino fa parte della "Fulminea Running Team". È in sedia a rotelle dall’età di 14 anni, quando una grave infezione di origine virale debilitò a tal punto il suo organismo da fargli perdere in pochi mesi l’uso delle gambe. Da quel giorno è cambiato, perché - osserva - «se non ci sei nato sulla sedia a rotelle non potrai mai accettarla del tutto». «Io me lo ricordo - prosegue - com’era camminare: era bello andare sul Pasubio a fare trekking con mamma e papà». Come fanno i grandi atleti, però, non si è fermato. E per affrontare l’impresa dello Stelvio si è preparato in due anni di allenamento durissimo, con ogni tempo. «Mi sono allenato quasi ogni giorno, con qualsiasi condizione meteo - racconta - , anche quando avrei dato qualunque cosa per rimanere a letto. Ma a quel punto diventa una questione di testa, più ancora che di fisico: mettere l’obiettivo prima di tutto».
L'impresa: 25 chilometri lungo 48 tornanti
Ha superato un dislivello di 1.851 metri, con un tempo già quasi autunnale. Lungo la salita vi sono tratti di pendenza che superano il 10%, una prova dura anche per dei professionisti. «Non voglio dire - puntualizza - che con il sole e il bel tempo avrei rinunciato. Ma queste cose portano con sé un po' di epica, arrivare sotto una leggera nevicata è stato molto bello». Federico si è arrampicato fino a Cima Coppi con una carrozzina super-leggera, con un telaio in magnesio. Lungo i tornanti del passo l’hanno seguito la fidanzata, Giada, i genitori, uno staff medico-sportivo, e i videomaker. Con la nevicata ha dovuto fermarsi brevemente per cambiare i guanti, per spalmare altra crema che serve ad impedire ai muscoli di raffreddarsi. Senza mai mollare. Venticinque chilometri nei quali il "dialogo" è stato anche con quella carrozzina. Perché certe volte, confessa, vorrebbe prendere la sedia a rotelle «e scagliarla contro un muro». «Ma adesso - conclude - dopo tutta questa fatica fatta insieme, un po' ci ho fatto la pace. L’ho guardata, e le ho detto "grazie"».