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Valli del Pasubio

Gli onori degli
alpini agli eroi
del Pasubio

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Il presidente Favero davanti all'ossario che ieri ha ospitato il pellegrinaggio alpino
Il presidente Favero davanti all'ossario che ieri ha ospitato il pellegrinaggio alpino
Gli onori degli alpini agli eroi del Pasubio

Nonostante le vigenti limitazioni in materia di assembramento, non è venuto a mancare ieri il pellegrinaggio "solenne" al Monte Pasubio. Un appuntamento quinquennale, che deriva la sua "solennità" dal fatto che il suo carattere è nazionale. Una ricorrenza che è pienamente riuscita, anche grazie agli accorgimenti di tutela adottati dalla sezione Ana di Vicenza, e messi in pratica attingendo all'opera encomiabile di tante penne nere, per organizzare al meglio la cerimonia, che vietava la presenza di pubblico. Sulla spianata del colle posta di fronte all'inconfondibile architettura della torre-ossario, erano stati piantati dei picchetti in ferro, colorati di rosso, per indicare i punti di stazionamento dei partecipanti, uno ogni metro e mezzo di distanza, suddividendo lo spazio in apposite e distinte aree: per autorità, alfieri e rappresentanti delle sezioni del Triveneto, con vessilli, bandiere e gonfaloni, gagliardetti di tutti i gruppi alpini vicentini. Lì, sullo sperone che fronteggia il massiccio pasubiano sempre più velato di nebbia, la cerimonia "statica" ha preso il via rispettando il cerimoniale di Onorcaduti, dal saluto al labaro nazionale forte di ben 216 medaglie d'oro, alla bandiera bi-decorata della città di Vicenza. Emozione ha destato la notizia della presenza della famiglia friulana di Emilio De Linz, che dopo 100 anni ha ritrovato il nonno, sepolto nell'ossario. Dopo il saluto del sindaco di Valli, Carlo Bettanin, che ha paragonato l'attuale pandemia alla Spagnola che qui si aggiunse alla guerra, alle valanghe e al gelo, "dando ragione all'ufficiale austriaco che scrisse che sul Pasubio è più difficile vivere che morire", è stato il presidente sezionale, Luciano Cherobin a sottolineare il senso del pellegrinaggio: «Non per rispettare una tradizione, ma perché nato dal cuore, dalla consapevolezza che a questi Caduti noi dobbiamo rendere onore e tramandare la loro gesta. L'Italia ha tanto bisogno di persone che siano esempio di impegno e responsabilità». Poi, i successivi interventi. Fra i tanti, quello del presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti, presente con l'assessore Elena Donazzan, che ha portato il saluto del presidente Luca Zaia; del vicecomandante della Setaf, gen. Eric Folkestad. Infine, l'atteso intervento del presidente nazionale dell'Ana, Sebastiano Favero, che in modo conciso, ha sottolineato l'identità dell'essere alpino: «Gli alpini non hanno paura - ha detto, richiamando i versi di una nota canzone di De Marzi.- Anche nell'attuale pandemia devono mostrare coraggio. Coraggio ieri e oggi. Ce lo chiedono i morti, che hanno sacrificato la loro vita perché fosse più bello il nostro vivere». Poi, la messa, celebrata dal vescovo di Adria, mons. Pierantonio Pavanello, ha aggiunto al ricordo la forza della preghiera. E della fede.

Giovanni Matteo Filosofo

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