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Blitz per lo sfratto nella casa dei venetisti

I carabinieri eseguono il sopralluogo nella casa. FOTOSERVIZIO CISCATOI militari dell’Arma parlano con le persone trovate all’interno
I carabinieri eseguono il sopralluogo nella casa. FOTOSERVIZIO CISCATOI militari dell’Arma parlano con le persone trovate all’interno
I carabinieri eseguono il sopralluogo nella casa. FOTOSERVIZIO CISCATOI militari dell’Arma parlano con le persone trovate all’interno
I carabinieri eseguono il sopralluogo nella casa. FOTOSERVIZIO CISCATOI militari dell’Arma parlano con le persone trovate all’interno

Con la bandiera del leone di San Marco che sventola dal terrazzo, si barricano in casa nel disperato tentativo di frenare l’esecuzione di sfratto e alla fine gli ufficiali giudiziari del tribunale concedono tre mesi prima di far sgomberare in via definitiva la villetta di via Levà 58, oggetto di pignoramento immobiliare. Per difendersi, tra le ragioni addotte, le tre persone presenti in casa, ovvero il proprietario Loris Spezzapria assieme al fratello e alla sorella, hanno rivendicato, declamandola in coro a voce alta, l’esclusiva sovranità veneta, misconoscendo all’opposto quella della Repubblica italiana e dei suoi apparati, invitando quindi i militari a fornire i loro documenti d’identità. Ieri mattina intorno alle 9.30, gli abitanti della via residenziale si sono riversati in strada incuriositi dalla presenza degli esecutori del tribunale, oltre a due pattuglie dei carabinieri delle stazioni di Schio e Piovene, due della polizia locale del consorzio Alto Vicentino e una unità della digos. Una “task force” schierata sia come supporto all’operazione di sfratto, sia per prevenire eventuali tensioni, che fortunatamente non si sono verificate, con il gruppo di militanti del “Comitato di liberazione nazionale Veneto”, venuti a esprimere solidarietà a Loris Spezzapria, ex imprenditore 51enne proprietario dell’immobile, oggetto di pignoramento a seguito di un tracollo finanziario che aveva interessato l'azienda familiare operante nel settore tessile.

«Questo è un abuso - hanno dichiarato i sostenitori venetisti - ai danni di un uomo che ha tanto lavorato e che si è ritrovato in una grave situazione economica a causa di terzi che non lo avevano pagato. E ora, dopo avergli portato via tutto, vogliono prendere anche l’unica casa che ha e sbatterlo in strada. Se uno ha dei debiti è giusto che paghi, ma non con i beni di prima necessità. Siamo di fronte ad una violazione dei diritti umani e le persone coinvolte ne risponderanno al tribunale dell’Aja in base alla convenzione europea per i diritti dell’uomo». I venetisti hanno rivendicato a più riprese l'autorità unica del leone di San Marco, invocando «la decolonizzazione perché le Venezie non hanno mai perso o ceduto la loro sovranità, semplicemente lo Stato italiano, che non è una Repubblica ma una società privata, ha imposto una cittadinanza». I militari non hanno minimamente preso in considerazione le istanze espresse dai manifestanti, chiedendo loro di tenersi a distanza.

Prima di procedere con la forza, gli esecutori giudiziari hanno provato a suonare il campanello e a chiamare in casa, senza però ottenere risultati. L’abitazione sembrava deserta. Solo una finestra del primo piano era socchiusa e nella fessura era stata inserita una videocamera che puntava verso il portoncino d’ingresso. I tecnici e i militari hanno lavorato una ventina di minuti per aprire il cancello dell’accesso carraio per cercare poi di farsi strada dalla porta sul retro. Un tentativo vano perché qualcuno da dentro, che probabilmente aveva seguito la scena attraverso la telecamera, la teneva chiusa. A quel punto hanno optato per entrare dalla finestra al primo piano servendosi di una scala. Dopo una lunga trattativa, lo sgombero è stato posticipato di tre mesi, lasso di tempo in cui il proprietario potrà valutare altre soluzioni o cercare eventualmente di risolvere le sue pendenze.

Silvia Dal Ceredo

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