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Alto Vicentino

Allarme anoressia tra i più giovani: in 12 mesi ci sono stati i ricoveri di 10 anni

Sono gli effetti collaterali della pandemia e delle misure restrittive per contrastarla: anoressia, ansia, isolamento, fino ad atti di autolesionismo e pensieri di morte. I lockdown hanno determinato un boom di problemi neuropsichiatrici tra gli adolescenti. Ad essere colpita maggiormente è la fascia dei 13-14 anni, per un fenomeno che continua ancora oggi. In crescita anche i ricoveri all’ospedale di Santorso. «Nel 2021 abbiamo avuto più ricoveri per anoressia che negli ultimi dieci anni messi assieme».

I ricoveri A parlare è il primario dell’unità operativa complessa di pediatria dell’ospedale di Santorso Massimo Scollo, che traccia un quadro inquietante. «In passato, per i disturbi alimentari avevamo un ricovero ogni 2-3 anni - continua il primario - In questo periodo siamo invece arrivati ad averne anche due alla settimana. In generale, abbiamo avuto un incremento dei problemi neurocomportamentali; e noi vediamo solo la punta dell’iceberg, rappresentata dalle ospedalizzazioni. Ricoveri anche lunghi, di settimane, anche fino ad un mese. L’anno scorso, fino a ottobre, i ricoveri in pediatria per disturbi psichiatrici sono stati 32; nel 2020 erano stati 12. C’è qualcosa che ha contribuito ad aumentare il disagio; molto probabilmente il fenomeno è dovuto all’isolamento legato all’emergenza Covid. Anoressia, disturbi del comportamento alimentare, ansia, depressione sono aumentati». Un quadro inquietante, che vede protagoniste le fasce più giovani della popolazione, che si sono trovate catapultate in una realtà distopica, con la chiusura delle scuole e delle attività sportive, l’impossibilità di trovarsi e uscire con i propri amici, il coprifuoco. Se alle restrizioni si aggiunge poi il senso generalizzato di ansia e incertezza generato dalla pandemia, lo scenario appare ancora più destabilizzante.

Il servizio I dati sui ricoveri forniscono un quadro della fase più acuta del problema, quella legata ai casi più gravi. L’esplosione del fenomeno viene comunque confermata anche dalle richieste di aiuto, in occasione delle quali le famiglie, di fronte ai primi campanelli d’allarme, si rivolgono ai servizi dell’Ulss. «Sono aumentate le richieste di accesso di prima visita sia per i colloqui psicologici che per le visite neuropsichiatriche per la fascia dei bambini e degli adolescenti - spiega la dottoressa Debora Tripodi, responsabile del servizio di neuropsichiatria infantile del distretto Alto Vicentino dell’Ulss 7 Pedemontana -. Il trend era già in aumento negli ultimi 10 anni, ma dopo il lockdown c’è stata un’ondata ancora maggiore di richieste. In alcuni casi i ragazzi arrivano al pronto soccorso ed è necessario il ricovero, altri sono gestiti per via ambulatoriale, ma sempre in équipe». Tra i problemi più diffusi, il ritiro sociale, con i ragazzi che si chiudono in casa, fino ai casi di autolesionismo, con i giovani che si procurano tagli sulle braccia e sulle gambe. C’è anche chi sviluppa pensieri legati alla morte. Per assistere i giovani pazienti, la neuropsichiatria infantile schiera un’équipe che comprende neuropsichiatri, psicologi, un educatore, logopedisti, una psicomotricista e fisioterapisti. Il servizio si articola su due centri: quello di Schio, che fa riferimento sempre a Tripodi, e quello di Thiene, coordinato da Dorella Serafin. «L’età media dei ragazzi seguiti si è abbassata, dopo la pandemia, passando dai 15-16 anni pre-Covid, ai 13-14 anni attuali - continua la dottoressa Tripodi -. All’inizio della pandemia, in seguito al lockdown, abbiamo assistito quasi ad un calo delle richieste. La vera emergenza è arrivata con le riaperture, anche delle scuole, in particolare per situazioni di fragilità che prima potevano essere gestite a livello scolastico e sociale: venendo a mancare queste rete, queste fragilità sono peggiorate».

Matteo Carollo

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