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Montecchio

Uccise il padre e andò a giocare. Assolto dai giudici: «Insano di mente»

Nel gennaio 2019 massacrò di botte il padre morto un anno dopo. Applicata la misura di sicurezza del ricovero in una struttura
L’omicidio era avvenuto in un appartamento in via Beschi a Montecchio Maggiore
L’omicidio era avvenuto in un appartamento in via Beschi a Montecchio Maggiore
L’omicidio era avvenuto in un appartamento in via Beschi a Montecchio Maggiore
L’omicidio era avvenuto in un appartamento in via Beschi a Montecchio Maggiore

Aveva massacrato di botte il padre novantenne riducendolo in fin di vita. Dall’accusa di tentato omicidio era stato prosciolto, perché incapace di intendere e volere, e ristretto in una struttura. Il padre era poi morto in ospedale un anno dopo senza più riprendersi e il figlio era tornato in aula stavolta per difendersi dall’accusa di omicidio.L’altro giorno Salvatore Pangallo, 52 anni, di Montecchio, difeso dagli avvocati Andrea Balbo e Lucia Maron, è stato nuovamente assolto dal reato a lui ascritto poiché non imputabile essendo stato incapace di intendere e volere al momento di commettere il fatto per cui era finito a processo davanti all’Assise.

Applicata la misura di sicurezza del ricovero in Rems

Il giudice Miazzi, l’altro giorno, ha inoltre applicato a Pangallo la misura di sicurezza del ricovero per la durata minima di due anni in Rems, Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, dove l’imputato per altro risulta ancora ospite.

Il pestaggio del padre nel 2019

Era la mattina del 24 gennaio 2019 quando Pangallo colpì suo padre Francesco, 90 anni, riducendolo in fin di vita. «Non so cosa mi sia successo in quel momento. Ho avuto un raptus. Con mio padre abbiamo discusso e litigato tante volte, ma non gli avevo mai fatto del male. Sono sconvolto, addolorato per quello che ho fatto, enormemente dispiaciuto», erano state le parole con cui aveva risposto al giudice che lo aveva interrogato in carcere dopo il suo arresto.

L'ammissione: «Ero fuori di me»

«Ero fuori di me», aveva inoltre spiegato ammettendo le proprie responsabilità e ricordando inoltre come dopo il pestaggio del papà, aveva vagato per il paese, con il cellulare spento e i vestiti macchiati di sangue, prima di essere bloccato dai carabinieri in un bar del paese dove si era fermato a giocare alle slot machines.

La dipendenza per il gioco alla base delle liti

E proprio la sua forma di dipendenza per il gioco era stata alla base delle numerose liti con il padre al quale chiedeva soldi in continuazione.
L’imputato aveva aggredito il pensionato, utilizzando una sedia, nell’appartamento di famiglia in via Beschin, a Montecchio. L’anziano aveva problemi di mobilità e quindi era sulla sedia a rotelle; il figlio gli aveva provocato una frattura cranica e altri traumi, oltre a contusioni e lesioni sulle braccia, al volto e in tutto il corpo. 

A scoprire cos'era successo era stata la madre

A scoprire cosa era successo era stata la madre, rientrata dopo aver fatto la spesa, che aveva lanciato una disperata richiesta di soccorso. A confermare il clima di tensione che si respirava in casa Pangallo era stata proprio Giuseppina Morabito, la moglie della vittima e mamma dell’imputato, nel verbale che aveva firmato ai carabinieri: «Litigavano spesso. Avevano battibecchi di continuo - aveva ribadito la pensionata - Mio figlio chiedeva i soldi e mio marito non voleva darglieli, perché non era d’accordo con il suo stile di vita. Le discussioni su questo argomento erano all’ordine del giorno». 

La perizia sull'imputato

Le perizie a cui l’imputato era stato sottoposto nel corso dei mesi avevano sempre confermato la sua incapacità di intendere e volere al momento di commettere il reato. Un anno dopo il pestaggio il pensionato era deceduto in ospedale, senza mai riprendere conoscenza. Secondo quanto ricostruito dalla procura, la morte era avvenuta in seguito ai traumi patiti nel corso dell’aggressione da parte del figlio, che poco prima che il padre si spegnesse aveva chiesto e ottenuto di andarlo a visitare per l’ultima volta. Alla luce del decesso, la procura aveva chiesto e ottenuto un nuovo rinvio a giudizio.

Il nuovo dibattimento e l'assoluzione del figlio

La difesa del 52enne aveva sottolineato come non si potesse processare due volte la stessa persona per lo stesso fatto, ma il magistrato, il pubblico ministero Serena Chimichi, aveva replicato che gli eventi (lesioni e morte) erano diversi. Da qui, dunque, il nuovo dibattimento a carico del figlio del pensionato. Procedimento che si è concluso l’altro giorno con la sentenza pronunciata dal presidente Lorenzo Miazzi che assolto il figlio del pensionato non ritenendolo imputabile dell’accusa che gli era stata mossa dalla procura.
A disporre il giudizio nei confronti del 52enne, accusato di omicidio aggravato, era stato, nell’aprile scorso, il giudice per l’udienza preliminare Antonella Crea. L’Assise ha però dichiarato che Pangallo non era imputabile.

 

 

Matteo Bernardini

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