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Pfas e processo Miteni «Chiediamo i danni»

Uno scorcio dello stabilimento della ex Miteni a Trissino.  ARCHIVIOIl municipio di Brendola
Uno scorcio dello stabilimento della ex Miteni a Trissino. ARCHIVIOIl municipio di Brendola
Uno scorcio dello stabilimento della ex Miteni a Trissino.  ARCHIVIOIl municipio di Brendola
Uno scorcio dello stabilimento della ex Miteni a Trissino. ARCHIVIOIl municipio di Brendola

Il Comune di Brendola si costituisce parte civile nel processo contro la Miteni, come hanno fatto anche le amministrazioni comunali di Montecchio Maggiore e Arzignano. La delibera della giunta comunale che è stata approvata recentemente fa seguito a quanto era stato annunciato già a febbraio, con una delibera del consiglio comunale, per «chiedere il risarcimento di ogni forma di danno causato dalla contaminazione delle acque e delle superfici da sostanze perfluoro-alchiliche ovvero Pfas». Brendola è uno dei comuni che rientra nella cosiddetta “zona rossa”, quella cioè più interessata dalla contaminazione, tanto che quasi l’intera popolazione (tranne i più giovani e i più anziani) è stata invitata a sottoporsi allo screening per verificare la presenza di Pfas nell’organismo. Dato che «è emersa la presenza nel sangue di valori ampiamente sopra la soglia prevista», si legge nella delibera di giunta di Brendola, è «massima la preoccupazione in ordine agli effetti che una tale concentrazione di Pfas può avere, in quanti anni queste sostanze potranno essere “smaltite” e se esiste una prassi o una cura per accelerare questo processo di “smaltimento”». Il mandato della giunta comunale di Brendola è stato affidato all’avvocato Marco Tonellotto di Monteviale. Tal elegale già segue la società pubblica “Acque del Chiampo” e altre amministrazioni comunali nella vicenda Pfas. Di recente, come riportato sul nostro Giornale nell’edizione di ieri, anche i comuni di Arzignano e Montecchio Maggiore si sono costituiti parte civile. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Isabella Bertozzo

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