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In cinquant’anni 52 mila donazioni La carica dei 648

La prima assemblea dell’associazione, nel 1971. FOTOSERVIZIO FADDAL’inaugurazione del monumento, avvenuta nel 1998La spedizione del Cai in Pakistan,  con la cima dedicata ai donatori
La prima assemblea dell’associazione, nel 1971. FOTOSERVIZIO FADDAL’inaugurazione del monumento, avvenuta nel 1998La spedizione del Cai in Pakistan, con la cima dedicata ai donatori
La prima assemblea dell’associazione, nel 1971. FOTOSERVIZIO FADDAL’inaugurazione del monumento, avvenuta nel 1998La spedizione del Cai in Pakistan,  con la cima dedicata ai donatori
La prima assemblea dell’associazione, nel 1971. FOTOSERVIZIO FADDAL’inaugurazione del monumento, avvenuta nel 1998La spedizione del Cai in Pakistan, con la cima dedicata ai donatori

Cinquant’anni di generosità, di donazioni e di altruismo. L’associazione donatori di sangue “Cav. Pietro Trevisan” di Montecchio Maggiore festeggia il mezzo secolo di presenza nel territorio con 52 mila donazioni. La storia castellana è legata a doppio filo con il sodalizio, nato nel 1969, grazie al dottor Giampietro Zanovello che, spinto dalle necessità del reparto chirurgico dell’ospedale, lanciò l’idea di creare un gruppo di donatori. In questo progetto venne sostenuto da 17 soci fondatori, dal gruppo alpini e anche dal cavalier Trevisan. Da subito, il motore che ha permesso di superare tante difficoltà era fatto di entusiasmo e voglia di fare. In quei primi tempi i prelievi, che allora si effettuavano di sera, avvenivano in una stanza al piano interrato dell’ospedale. Il locale contava solo un lettino, un frigo ed una vetrinetta per gli strumenti. «Tutti i medici e infermieri del nosocomio si davano il cambio nell’attività di raccolta – racconta l’attuale presidente Franca Quaglia – e anche i cittadini partecipavano attivamente allo sviluppo e all’auto-finanziamento delle attività associative e i nostri donatori rispondevano prontamente ad ogni urgenza, come fanno ancora oggi». Una risposta che, fin dai primi momenti, è stata davvero generosa, basti pensare che alla prima assemblea si sono contati circa 400 iscritti. Da lì man mano l’associazione si è sviluppata, con nuovi soci e nuovi eventi, tutti volti alla sensibilizzazione della donazione. Poco prima di festeggiare i 25 anni, improvvisamente è morto Pietro Trevisan e, proprio per onorare il grande supporto dato dal primo presidente, l’associazione ha preso il suo nome. La fine del secolo e l’inizio del nuovo millennio hanno segnato nuove, e importanti, tappe per i donatori prima con l’inaugurazione del monumento a loro dedicato accanto all’ospedale e poi con l’intitolazione di una cima in Pakistan. La sezione Cai castellana, infatti, ha organizzato la spedizione “Chiantar 2000”, guidata da Franco Brunello, socio donatore, e di cui facevano parte altri donatori come Silvano Sella e Luciano Chilese. In quell’occasione una vetta, che fa parte della catena Hindu Rai, venne conquistata e battezzata con il nome “Blood Donors Mountain”, la montagna dei donatori di sangue, alta 6.107 metri. Negli anni si sono succeduti sei presidenti: Pietro Trevisan, Alberto Andrighetto, Narcisio Cerato, Rosa Faggiana, Monica Tamburini e l’attuale Franca Quaglia, ma la filosofia del gruppo non è mai cambiata. Oggi l’associazione conta 648 soci e ha una media annuale di oltre mille donazioni. In più organizza, e partecipa, a numerose manifestazioni nel territorio. «Fra i vari progetti che promuoviamo ci sono gli incontri con gli studenti nelle scuole e sosteniamo diverse squadre sportive. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare le nuove generazioni e spiegare loro quanto sia importante donare il sangue» conclude Quaglia. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Antonella Fadda

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