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Uccise la figlia neonata «Non sapeva cosa faceva»

Il fiocco rosa per Alice affisso fuori dal cancello in via Ponti a LisieraL’appartamento dove il 20 gennaio si è consumata la disgrazia
Il fiocco rosa per Alice affisso fuori dal cancello in via Ponti a LisieraL’appartamento dove il 20 gennaio si è consumata la disgrazia
Il fiocco rosa per Alice affisso fuori dal cancello in via Ponti a LisieraL’appartamento dove il 20 gennaio si è consumata la disgrazia
Il fiocco rosa per Alice affisso fuori dal cancello in via Ponti a LisieraL’appartamento dove il 20 gennaio si è consumata la disgrazia

Federica Ziliotto era «totalmente incapace di intendere e di volere» quando uccise la figlia Alice, partorita quattro giorni prima. È scritto nero su bianco nelle cinque fra perizie e consulenze psichiatriche sull’impiegata di 42 anni, accusata di omicidio volontario. La procura ha chiuso le indagini. La donna ha venti giorni di tempo per depositare memorie difensive o chiedere di farsi interrogare, dopodiché i pubblici ministeri potrebbero chiederne il rinvio a giudizio. L’indagata verrà comunque prosciolta dal giudice perché non imputabile. Ziliotto, che ha lasciato l’ospedale, è in stato di libertà vigilata in una casa di cura. LA TRAGEDIA. Due tonfi sordi a pochi secondi l’uno dall’altro. Poi una frase gridata a squarciagola: «L’ammazzo». In base alla ricostruzione dei carabinieri, coordinati dai pm Hans Roderich Blattner e Claudia Brunino, la sera del 20 gennaio Alice era stata scaraventata sul pavimento dalla madre per due volte durante l’allattamento. Il personale del Suem, contattato da Riccardo Stocco, marito della donna e padre della neonata, era intervenuto con la massima urgenza in via Ponti a Lisiera di Bolzano Vicentino. I soccorritori e i medici del San Bortolo avevano fatto di tutto per strappare la piccola alla morte, ma le sue condizioni erano disperate. Prima che scattasse l’allarme, Ziliotto si era inoltre ferita con un coltello. Anche lei era dunque finita in ospedale, dove era stata ricoverata in stato di arresto. «Mi sentivo inadeguata», aveva confidato nei giorni seguenti alla disgrazia a uno dei dottori che si prendevano cura di lei. LE PERIZIE. Nei momenti della tragedia la donna era affetta da «uno stato dissociativo transitorio o di una psicosi breve», ha stabilito la psichiatra Alessia Cicolini che era stata nominata dal giudice per le indagini preliminari Matteo Mantovani per scandagliare la mente dell’indagata. In altre parole, la donna non si rendeva conto di quello che stava facendo. Come se stesse assistendo alla scena senza poter intervenire. La perizia ha inoltre accertato che «resta una minima pericolosità sociale nella forma della pericolosità per se stessa, ma in regressione». Alle stesse conclusioni sono arrivati il professor Carlo Schenardi, nominato dai pm, il pool di esperti incaricato dal legale dell’indagata, l’avvocato Elisabetta Cardello, e il consulente individuato dal legale che assiste Stocco. L’INDAGINE. Ziliotto è sempre seguita da uno psicologo e può contare sull’affetto dei familiari. Il marito non le ha mai voltato le spalle. «Le starò vicino», aveva detto fin da subito. I pubblici ministeri hanno notificato l’avviso di chiusura delle indagini. Ora Ziliotto ha 20 giorni per presentare una memoria o per chiedere di essere ascoltata di nuovo dai magistrati. Dopodiché, il giudice deciderà se rinviarla a giudizio oppure se prosciogliere la donna. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Valentino Gonzato

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