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Arcugnano

«Pietre del teatro
invecchiate
usando l'acido»

Alcuni manufatti che si trovano nella grande area di proprietà inglese e gestita dal Malosso
Alcuni manufatti che si trovano nella grande area di proprietà inglese e gestita dal Malosso
Alcuni manufatti che si trovano nella grande area di proprietà inglese e gestita dal Malosso
Alcuni manufatti che si trovano nella grande area di proprietà inglese e gestita dal Malosso

«Quel teatro "antico" l’ho realizzato io con martello pneumatico e pietre pugliesi invecchiate». Davide Pegoraro, artigiano quarantottenne di Ponte di Mossano, rivendica d’essere stato uno degli operai assoldati da Franco von Rosenfranz, alias Malosso, “padre putativo” della fanta-scoperta del “Anfiteatro degli angeli”. Qui avrebbero lavorato una decina di operai incluso l’artigiano mossanese che vi ha lavorato tre mesi senza però percepire il dovuto onorario. Al punto che sul finire del 2015, il Pegoraro esasperato dal contenzioso che si era creato con Malosso, sporge denuncia all’Ispettorato del lavoro, convinto di recuperare i 3.425 euro per i tre mesi di lavoro non remunerato.

UN CAPRICCIO. «Ma quale teatro e teatro, quello è un capriccio partorito dalla mente sognante del maestro Malosso», dichiara apertamente Pegoraro. «Sapeva che avevo bisogno di lavorare –aggiunge l’artigiano- ma quando si è trattato di pagarmi, al posto dei denari mi sono piovute le contestazioni per «i vizi e difetti per lavori male eseguiti da me risarcendone i danni alla proprietà, diffidandomi dal proferire affermazioni ingiuriose». L’artigiano ha deciso di uscire solo ora allo scoperto dopo le infuocate affermazioni incrociate, sulla reale natura del manufatto del presunto sito storico dei Berici: «Io ho portato le pietre, giunte per questione di prezzo dalla Puglia e trasportate fin lassù. Io le ho cementate e colorate. Ho impermeabilizzato la colata di cemento che oggi funge da laghetto nella cavea. Inoltre ho visto sbancare la montagna. Mi sono rifiutato d’intervenire dentro il container interrato sotto gli spalti dell’anfiteatro, che il Malosso voleva trasformare in una grotta, utilizzando del polistirolo incollato, lavorato con la fiamma ossidrica».

Dettagli che parrebbero uscire anch’essi da fervida fantasia, che alimenterebbero l’alone di mistero attorno al teatro che oggi domina sulla Valle della Fontega. Invece, i dettagli forniti per iscritto dal Pegoraro, sembrano fugare ogni dubbio sulla veridicità dei fatti, dimostrata anche con delle foto «che presto consegnerò ai carabinieri con una denuncia, visto che l’Ispettorato al lavoro non mi ha mai fornito una risposta». Insomma, sotto quel teatro altro non ci sarebbe, secondo l’artigiano, che uno sfruttamento di lavoratori in nero: una decina di manovali, i più stranieri, assunti da un “caporale“ di Mossano. Il materiale pietroso poi è stato fatto giungere dalla Puglia in alternativa alla più costosa pietra tenera dei Berici e stivati in un magazzino edile di Ponte di Castegnero. Lo sbancamento è avvenuto con mezzi pesanti. Negli spalti pietosi a contatto con la terra, sarebbe stato poi sepolto materiale inerte. Nel teatro infine, sarebbe stato interrato un intero container, usato come spazio ipogeo la cui porta d’accesso –chiusa con un lucchetto- si trova centro degli spalti.

IL RESTAURO. «Nulla però di quello che ci è stato chiesto di fare è vero, anzi antico –sbotta l’artigiano-, non vi è un solo elemento che possa essere ricondotto alla decantata storia. Ve lo dico grazie anche alla mia ventennale esperienza nel campo dei restauri di pavimentazioni storiche». L’ingaggio di Pegoraro nel 2015, sarebbe avvenuto tramite un “caporale” che reperiva manovalanza per conto del Malosso:«Ero senza lavoro cercavo ogni genere d’impiego pur di racimolare qualcosa. Mi portarono a Arcugnano, dove conobbi il Malosso. Qui ho lavorato per tre mesi sotto la sua direzione e di un anziano che si autodefiniva archeologo. Ho usato il martello pneumatico, tagliato pietre e usato resine, cemento e acido muriatico per invecchiare tutto quello che costruivamo, rendendolo compatibile alle invettive fantastiche del pseudo maestro».

LA DENUNCIA. «Ricordo –si legge nella dettagliata denuncia-, come mi sollecitasse per l’invecchiamento delle pietre con l’acido…». «Vi fu pure una ribellione da parte di noi operai non pagati: così rifiutammo di proseguire l’opera. Venimmo qui minacciati di denuncia e intimoriti da eventuali sanzioni legali». Possibile che non abbiate avuto il dubbio che ciò che stavate creando fosse una bufala? E magari privo di autorizzazioni? «Sì – risponde il Pegoraro- ma da parte mia però, c’era la priorità di portare a casa il pane per i miei figli. Non avevo scelta, ma ora che dopo un anno ho recuperato dal Malosso appena 500 Euro, dico che se m’avesse permesso almeno di fare di testa mia, di certo vedreste un’opera migliore di quella da lui sognata, che rischia poi di franare a valle, per via dello sbancamento e materiale sversato ai piedi del teatro stesso». «Con tutto quel lavoro di uomini e mezzi pesanti, fatico a immaginare che davvero qui nessuno non abbia visto ciò che stava avvenendo», conclude l’artigiano beffato dal suo datore di lavoro e dalla storia. «Adesso aspetto solo i miei soldi, mentre spero che sia la Legge ad occuparsi del maestro e del suo teatro della fantasia».

Antonio Gregolin

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