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«La macchina dei soccorsi deve comunicare»

L’elicottero e i mezzi dei vigili del fuoco alla piazzola del Rifugio Balasso dopo il recupero.   FOTO VVFRoberto Trevellin
L’elicottero e i mezzi dei vigili del fuoco alla piazzola del Rifugio Balasso dopo il recupero. FOTO VVFRoberto Trevellin
L’elicottero e i mezzi dei vigili del fuoco alla piazzola del Rifugio Balasso dopo il recupero.   FOTO VVFRoberto Trevellin
L’elicottero e i mezzi dei vigili del fuoco alla piazzola del Rifugio Balasso dopo il recupero. FOTO VVFRoberto Trevellin

Scomparso o disperso, non si tratta di una sottigliezza lessicale, anche se spesso i due termini si intrecciano. Ma che succede dal momento della prima telefonata, ovvero dalla segnalazione da parte dei familiari al 118 o ai carabinieri o ai vigili dei fuoco? La domanda si pone dopo il botta e risposta tra vigili del fuoco e Soccorso alpino intervenuti il giorno di Pasqua sul Pasubio alla ricerca di Roberto Trevellin, trovato purtroppo senza vita. Spiega il comandante provinciale dei vigili del fuoco Mauro Luongo: «La circolarità delle comunicazioni è fondamentale. Nel caso del tragico incidente occorso a Roberto Trevellin, appurato che non si è trattato di un allontanamento volontario, abbiamo messo in moto tutta la macchina dei soccorsi per avere più dati utili alla ricerca». Mete, percorsi seguiti, abbigliamento, modello dell’auto, condizioni psico-sanitarie, fotografie: insomma tutto ciò che serve per avere un quadro ampio di informazioni, perché il tempo è ancor più tiranno quando c’è di mezzo una vita umana. Fulcro di tutto ciò, componente tecnica operativa, proprio i vigili del fuoco: «E nello specifico, ovvero trattandosi di montagna, entrano in azione altre componenti, la più specialistica delle quali è il Soccorso alpino, che come noi può intervenire sia via terra che per via aerea. E a seconda del tipo di ricerca si associano forze dell’ordine, ma anche volontari di protezione civile. Si organizza una Unità di comando locale che pianifica la ricerca via terra o con i droni o con l’elicottero. Fondamentali anche le unità cinofili, il fiuto dei cani vale quanto e a volte talora più di uno strumento tecnologico. Perché non sempre dall’alto riesci a vedere le persone». Le variabili non mancano. Non sempre un elicottero è disponibile subito - «nel caso di Pasqua è arrivato in 20 minuti perché aveva appena terminato un intervento a Montichiari» - e poi ci sono da tenere presente la stagionalità, le condizioni atmosferiche e il luogo stesso. Ognuno fa la propria parte e lo sanno bene quelli del Soccorso alpino, che opera in collaborazione con il Suem 118 e il cui personale volontario, un centinaio di operatori nel territorio vicentino, ha esperienza e formazione come sottolinea il delegato delle Prealpi Venete Alberto Barbirato: «La reperibilità è h24, 365 giorni l’anno e c’è sempre almeno una squadra pronta ad attivarsi». «A volte – conclude il comandate Luongo – servono due giorni a volte si riesce a intervenire nel giro di un'ora dall'allarme. Come a Pasqua. Fosse stato ancora vivo lo avremmo salvato. Per questo, considerata la collaborazione che c’è sempre stata tra i nostri corpi, sono rimasto basito dalla polemica. Penso si sia trattato solo di una temporanea assenza di buon senso. Noi seguiamo un protocollo preciso e non c’è motivo di creare tensione. E credo che per uno che si trova in difficoltà, ciò che conta non è il colore delle divise ma l’efficacia del servizio». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Roberto Luciani

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