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Il nuovo ecocentro inciampa nel Tar

Il sito  individuato per la realizzazione dell’ecocentro. A.FR.
Il sito individuato per la realizzazione dell’ecocentro. A.FR.
Il sito  individuato per la realizzazione dell’ecocentro. A.FR.
Il sito individuato per la realizzazione dell’ecocentro. A.FR.

La Regione si contraddice e il Tar sospende la realizzazione del nuovo ecocentro di Bressanvido. Il Tribunale amministrativo regionale di Venezia ha accolto la domanda cautelare presentata da Maria Luisa De Marchi e Gianni Tolio, sospendendo l'efficacia degli atti approvati dal Comune per realizzare il nuovo centro di raccolta rifiuti in zona artigianale. L'area individuata per al realizzazione dell'ecocentro è un terreno agricolo, riclassificato con delibera del febbraio 2018 in “zona di interesse comune”, che l'Amministrazione di allora ha acquisito tramite esproprio a fine novembre del 2018, mentre a maggio dello stesso anno era stato approvato il progetto definitivo-esecutivo della struttura. Da parte del Comune, quindi, l'iter si trovava già ad uno stadio avanzato. La sospensione è arrivata in seguito all'iniziativa degli ex proprietari del terreno dove l'ecocentro dovrebbe sorgere, secondo i quali, come si legge nel ricorso presentato la Tar, “L’impianto di progetto dista meno di 200 metri da una decina di pozzi idropotabili privati, 5/6 pozzi siti in comune di Pozzoleone e 5 in comune di Bressanvido (il più vicino all'ecocentro sarebbe a 127 metri). Tutti questi pozzi – prosegue il testo - esistono da anni e sono assolutamente indispensabili poiché insistono su aree abitate sfornite di un acquedotto pubblico (a Bressanvido l’acquedotto esistente non serve queste zone; a Pozzoleone l’acquedotto pubblico non esiste affatto)”. Secondo i titolari del ricorso al Tribunale amministrativo, che sono assistiti dall'avvocato Antonio Cimino del Foro di Padova, il fatto sarebbe “in contrasto con le prescrizioni statali e regionali che impongono la tutela dei pozzi idropotabili e che, in Regione Veneto, prescrivono che gli ecocentri siano localizzati a una distanza inderogabile di almeno 200 metri dai pozzi per la captazione dell’acqua idropotabile”. Un'opinione, questa, sostenuta da De Marchi e Tolio citando l'Allegato A alla Delibera della Giunta regionale che afferma: “Per quanto riguarda la distanza di metri 200 dai pozzi per la captazione di acqua idropotabile non sono possibili deroghe”. Qui, però, casca l'asino. Perché la stessa Regione, rispondendo ad un quesito posto su un caso analogo a quello di Bressanvido, afferma che “le disposizioni sulla delimitazione delle aree di salvaguardia debbano essere riferite ai soli pozzi di approvvigionamento pubblico. Non è quindi necessario, per i pozzi privati, considerare obbligatoriamente una zona di rispetto di 200 metri di raggio dal punto di captazione”, come fissato dal dlgs 152/2006. Insomma, un pasticcio all'italiana che il Tar ha deciso di risolvere sospendendo l'efficacia dei provvedimenti impugnati in quanto “l'effettiva condizione dei luoghi e la questione dell'applicabilità o meno della fascia di rispetto di 200 metri devono essere approfondite nella fase di merito, anche alla luce della contraddittorietà della posizione assunta sul punto dalla Regione”. L'esame del merito del ricorso è fissato nella pubblica udienza del 7 novembre 2019. «Siamo fiduciosi – afferma il sindaco di Bressanvido Luca Franzé -. Noi non abbiamo fatto altro che applicare i criteri fissati dalla Regione con i quali sono stati realizzati tanti altri ecocentri come il nostro». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Andrea Frison

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