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Caldogno

Dalle corde per
chitarra al filo
per i "respiratori"

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Marco e Mimmo Peruffo
Marco e Mimmo Peruffo
Marco e Mimmo Peruffo
Marco e Mimmo Peruffo

Per più di 20 anni le corde per chitarra e ukulele uscite dall'azienda-laboratorio di Caldogno hanno contribuito ad allietare le vite delle persone. Da qualche giorno aiutano a salvarle, dopo una domenica di quarantena passata a riconvertire un impianto di estrusione lungo 18 metri con filo di ferro, spago e nastro adesivo. Al momento Aquila Corde, a qualche centinaio di metri dal futuro Parco della Pace, è l'unica ditta in Italia a produrre un particolare filo in materiale bio. Il filo viene utilizzato dalle stampanti 3D per realizzare le valvole d'emergenza che trasformano le maschere da snorkeling della Decathlon (costo: 14 euro e 99 cent.) in "respiratori". O per essere più precisi in caschi C-pap, gli scafandri messi in testa ai malati di Covid-19 per aiutarli a respirare. L'autore della spettacolare riconversione è Mimmo Peruffo, perito chimico, moderno liutaio (fra le altre cose), ma soprattutto fondatore e titolare di Aquila Corde Armoniche, azienda che in tempi normali produce 300 mila corde per ukulele e 100 mila per chitarre "standard" al giorno. Ma questi sono tempi straordinari.«Sabato - racconta Peruffo - mi ha telefonato mio nipote, che si occupa di stampa 3D. Aveva sentito che servivano questi fili perché fa parte di una chat di coordinamento di vari fablab italiani partita da Bergamo».Un passo indietro. L'intuizione originale spetta a un ex primario dell'ospedale di Gardone Valtrompia, il dott. Favero, che aveva notato la somiglianza tra le maschere da sub e quelle utilizzate nei reparti di terapia intensiva. Per la trasformazione basta una valvolina, progettata in fretta dall'azienda bresciana Isinnova. Per stampare questa valvola serve una stampante 3D e allo scopo è stata "cooptata" la comunità di makers della Lombardia. Il problema è che ognuna di queste macchine può stampare solo due valvole al giorno. L'ingegnere bergamasco Umberto Noris ha coinvolto allora tutto il suo network, arrivando fino a Schio, dove opera Megahub, un fablab (cioè un laboratorio aperto al pubblico equipaggiato con macchine per la fabbricazione digitale) legato alla cooperativa Samarcanda. Il designer Martino Sasso è uno dei fondatori di Megahub. Nonché nipote di Peruffo.«Quando la mia fabbrica era stata chiusa per il decreto - spiega Peruffo, uno che non è abituato a stare con le mani in mano - avevo contattato un ospedale di Brescia per offrire loro il mio filo in PLA, una bioplastica ottenuta dal mais; ma loro mi hanno detto che utilizzavano un altro materiale. Invece, dopo il contatto con mio nipote, è arrivata la sorpresa: "Zio, servono 100 chili". E la richiesta è esplosa: 25 chilogrammi di filo per i caschi C-pap a Monza, 75 a Bergamo, 42 a Roma. Oggi (ieri per chi legge, ndr) sto preparando un carico per Lodi. Lavoro 12 ore al giorno con mio figlio Marco, ho richiamato in azienda una segretaria per le spedizioni e le bolle di accompagnamento, anche se il materiale lo regalo, non mi interessa guadagnarci».Si è chiesto il motivo di questo boom? «Il fatto è che nessuno produce questo filo in Italia, bisogna ordinarlo in Cina e ora non lo mandano. Dico di più: il mio è l'unico impianto a estrusione al mondo in ambito musicale. Ce n'erano altri simili, utilizzati da aziende che producevano reti da pesca e filo per le scope, ma hanno chiuso tutte: produrre filo in Italia non conviene più. E ora scusate ma devo tornare a lavorare». E il decreto di chiusura? «Ho scritto subito alla prefettura, speriamo che non mi arrivi una multa». Speriamo. 

Paolo Mutterle

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