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Monticello Conte Otto

Addio all'uomo dei treni. «Portava sempre il sole»

Sergio Piccolo è rimasto fino all'ultimo nella sua taverna-ufficio
Sergio Piccolo è rimasto fino all'ultimo nella sua taverna-ufficio
Sergio Piccolo è rimasto fino all'ultimo nella sua taverna-ufficio
Sergio Piccolo è rimasto fino all'ultimo nella sua taverna-ufficio

L' "uomo dei treni" è giunto al capolinea. Sergio Piccolo, il monticellese che con le sue riproduzioni di locomotive d'epoca aveva creato una piccola collezione di capolavori, non c'è più. Se n'è andato martedì a 79 anni, partito per quello che, mai come nel suo caso, è l'ultimo viaggio terreno. Destinazione, avrebbe detto lui, l'adorata moglie Adriana, che l'aveva lasciato nel 2017. La notizia della morte dell'ex ferroviere con il pallino dei trenini d'acciaio è piombata a Monticello mercoledì, listando a lutto il paese. "L'artista del treno" - lo hanno voluto ricordare così nell'epigrafe i figli, i nipoti e i parenti tutti - era un caposaldo della comunità.

 

Una riproduzione fedele della locomotiva che saliva ad Asiago
Una riproduzione fedele della locomotiva che saliva ad Asiago

 

«Un genio», «Una persona buona» e tante, tante attestazioni d'affetto, sui social e davanti alla casa di Cavazzale, per dire addio a un signore mite, gentile, sorridente, che di una passione infantile per carrozze e binari aveva fatto un mestiere e un'arte autentica. Li aveva desiderati ardentemente, quei modellini scintillanti, quando da bimbo, in collegio perché figlio di una ragazza madre, sospirava davanti ai giocattoli dei compagni più fortunati di lui. Non ricevendone in dono, aveva deciso di cominciare a costruirseli. Ma non oggettini qualunque, frutto di un hobby passeggero. Copie monumentali, fino a tre metri di lunghezza e tre quintali di peso, dei convogli più famosi al mondo: dall'Orient Express alla celebre "Vaca Mora", passando per il primo vettore della storia italiana, il Napoli-Portici.

 

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«Fino all'ultimo è rimasto nella taverna che praticamente era il suo ufficio, tra i treni che amava», racconta il figlio Mirco. Un sorriso, una parola di conforto, una tazza di caffè: a chi passava a trovarlo, dai vicini agli amici marinai dell'associazione di Vivaro, Sergio dispensava calore e cordialità. «Nonostante le difficoltà, i problemi, la sofferenza dell'ultimo periodo, riusciva sempre a portare il sole», si commuove Mirco. Merito di una sensibilità umana rara quanto il suo talento, che gli permetteva di plasmare (a freddo) il metallo, per ricavarne opere d'arte richieste, negli anni, da oltre 40 mostre ed esposizioni in tutta Italia. Sono decine i pezzi unici che oggi riposano nel garage dell'abitazione. La sua eredità. Che sarà con lui, idealmente, anche nel giorno dei funerali sabato alle 10 al cimitero di Monticello. All'aperto per consentire a tutti di salutarlo in un abbraccio, seppur a distanza, collettivo. L'ultima stazione, nel viaggio finale di Sergio.

Giulia Armeni

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