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Tutti vicini a Stefano «Grazie, se potessi vi abbraccerei»

Stefano Gheller insieme alla sorella Cristina, malata come lui
Stefano Gheller insieme alla sorella Cristina, malata come lui
Stefano Gheller insieme alla sorella Cristina, malata come lui
Stefano Gheller insieme alla sorella Cristina, malata come lui

Per Stefano Gheller si mette in moto la catena della solidarietà. Sono tantissime, e di vario genere, le dimostrazioni di vicinanza, arrivate dal Bassanese ma anche dal resto della provincia e dal Veronese, al cassolese di 46 anni affetto da una grave distrofia muscolare che ha denunciato la sua disperazione al Giornale di Vicenza. Molti cittadini hanno contattato la redazione per rendersi disponibili in diversi modi. Stefano è malato dalla nascita e da quando aveva 14 anni è costretto su una sedia a rotelle. Nei giorni scorsi ha raccontato la sua volontà di ricorrere all’eutanasia «per trovare almeno nella morte quella dignità che questa vita non è mai stata in grado di darmi», anche per via dei sussidi limitati messi a disposizione da Regione, Ulss e Comune, secondo le normative vigenti, che non gli consentono di pagare una badante a tempo pieno, costringendolo a vivere nel terrore che il respiratore si stacchi quando l’assistente a mezzo servizio non c’è, ma anche a fare importanti sacrifici quotidiani per far fronte a tutte le spese. Tra le prime persone che vogliono aiutare il cassolese, da Thiene e Verona alcune vorrebbero fare una donazione. Ci sono poi un tassista bassanese che si è messo a disposizione per servizi di trasporto gratuito, un’avvocatessa vicentina che è pronta a fornire assistenza legale pro bono, un altro lettore che vuole sapere come rednersi utile perchè la malattia di Stefano è la stessa di cui soffriva sua madre. E queste sono solo alcune delle testimonianze di vicinanza arrivate. «Mi fa davvero piacere sentire che la mia storia ha colpito i cuori di tanta gente, ringrazio tanto chi vuole aiutarmi, se stessi bene farei lo stesso anche io con un malato- commenta Gheller -. Voglio mettere però in chiaro che l’aiuto di cui ho bisogno dovrebbe venire principalmente dalle istituzioni, alle quali chiedo un sostegno economico che mi consenta di vivere in maniera dignitosa e sicura». Indipendentemente dai sostegni che arriveranno, Stefano pare restare fermo nella decisione di recarsi in Svizzera per morire. «Non presto, ma prima che le complicazioni della malattia mi costringano in un letto come è già accaduto a mia madre, ora ricoverata in una casa di riposo - continua - . Chiedo solo di vivere il tempo che mi resta in modo più sereno, ma la mia scelta non è vincolata agli aiuti che arriveranno: sono due discorsi diversi. Quello che vorrei tanto riuscir a fare è vivere con maggiore dignità e, quando morirò, lasciare maggior sicurezza economica a mia sorella Cristina, malata come me, e a mia nipote: non voglio andarmene sapendo che andranno incontro agli stessi problemi che sto affrontando io e sapendo che non ci sarò per aiutarle come faccio ora, quel poco che posso. Questa battaglia non è per me, è per loro e per altre persone ammalate come noi». Stefano però oggi sorride già di più: «E’ bellissimo sapere che della gente che non mi conosce vuole aiutarmi - si emoziona - questo mi dimostra che il mondo non è un posto così avaro e sterile, come avevo iniziato a credere. Voglio che quelle persone sappiano che se potessi le abbraccerei tutte». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesca Cavedagna

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