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Rosà

Anziana morì nella roggia: il Comune è condannato

Risarcimento da mezzo milione ai figli della donna di 88 anni caduta nel canale
La roggia Il punto in cui la poveretta è caduta in acqua
La roggia Il punto in cui la poveretta è caduta in acqua
La roggia Il punto in cui la poveretta è caduta in acqua
La roggia Il punto in cui la poveretta è caduta in acqua

I familiari di Giulia Salvalaio avevano ragione: la roggia in cui è caduta e annegata la loro parente non era né segnalata né interdetta all’accesso, si apriva all’improvviso lungo un marciapiede e avrebbe potuto finirci dentro chiunque. Dopo una battaglia lunga cinque anni, il Tribunale civile di Vicenza ha giudicato il Comune di Rosà esclusivo responsabile del decesso dell’anziana, avvenuto il 24 settembre 2016, condannandolo a risarcire i due figli con una somma complessiva di oltre 415mila euro cui si aggiungono le spese processuali da rifondere alle controparti per cui si supera il mezzo milione. I figli della poveretta si erano rivolta allo Studio3A-Valore spa, società che si occupa del risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini. 

Deceduta nella roggia

Giulia Salvalaio, che aveva 88 anni, era originaria di Martellago. Dal 2011 la donna, per essere meglio seguita per le patologie collegate alla sua età, si era trasferita dall’altra figlia, che risiede appunto a Rosà con la sua famiglia. Non aveva mai dato alcun problema, ma nella notte tra il 23 e 24 settembre 2016 era uscita di casa, con addosso la vestaglia e le pantofole, cominciando a percorrere le strade del paese. Il suo tragitto è stato ricostruito nel dettaglio dal consulente tecnico d’ufficio nominato ad hoc: alle operazioni peritali ha partecipato anche un consulente tecnico di parte per la famiglia dell’anziana deceduta, messo a disposizione da Studio3A. 

La telefonata al 112

Al riguardo, è risultata preziosa anche la telefonata al 112 di un automobilista di passaggio insospettito dalla vista di quell’anziana che alle 5.15 del mattino camminava nella zona industriale di Rosà: l’uomo, su indicazione dei carabinieri, invertì la marcia per tornare a controllare, ma purtroppo non la ritrovò più. L’ottantottenne ha percorso 2,2 km in circa mezzora, da via Domiziana a via Brega per poi dirigersi, alla rotonda, in via del Lavoro, rimanendo sempre sul lato destro della strada. «Camminò sul marciapiede praticamente dalla rotatoria e fin quando esso terminava, e cioè poco prima del secondo varco pedonale agli stabilimenti Famir, e poi proseguì, ancora oltre, la sua marcia in avanti, non essendovi alcun ostacolo che la intralciasse. Essendole mancato il terreno sotto i piedi, cadde in avanti e con il peso del corpo leggermente a destra nella roggia che si trova subito dopo la fine del cancello carraio dello stabilimento» si legge in sentenza. 

L'allarme della figlia

Il resto è noto: l’anziana è finita con il volto immerso nel canale, ha cercato disperatamente di rialzarsi, come dimostrano i segni e i graffi che ha lasciato incisi sulle pareti e sul fondo, ma è rimasta incastrata con un piede in una grata inclinata posta all’ingresso di un incanalamento sotterraneo non riuscendo più a liberarsi: è morta annegata in mezzo metro d’acqua. 
Quando la figlia, al risveglio, non la trovò a letto, dette immediatamente l’allarme e scattarono le ricerche da parte dei carabinieri della locale stazione, che però si conclusero alle 10 del mattino dopo con il ritrovamento del corpo senza vita dell’anziana nella roggia, «non protetta né segnalata da nulla» riporta anche nel rapporto dei militari. Studio 3A, verificati tutta la documentazione e lo stato dei luoghi con i suoi esperti, ha subito ravvisato evidenti responsabilità in capo alla pubblica amministrazione per la loro pericolosità e le insidie che presentavano e che avrebbero potuto nuocere a chiunque, e ha quindi chiesto le coperture assicurative e i danni al Comune di Rosà, ma la sua compagnia, , ha sempre rigettato ogni richiesta negando qualsiasi addebito. Convinto delle ragioni del proprio assistito, tuttavia, Studio3A ha ritenuto di dover andare fino in fondo e attraverso l’avv. Alessandro Di Blasi, del Foro di Venezia, nel 2017 si è proceduto ad una citazione in causa avanti il Tribunale civile di Vicenza a cui si è poi unita anche l’altra figlia della signora Giulia, e si è così giunti alla sentenza, un verdetto che condanna il Comune di Rosà. Per il giudice la roggia non era segnalata in alcun modo né con segnaletica orizzontale né verticale, né l’accesso era precluso da alcun muretto, parapetto, sbarramento protettivo o alcun altro manufatto simile. 

Sentenza che fa discutere

«Si tratta di una sentenza per me scioccante, a dir poco allucinante - dichiara il vicesindaco Bordignon, all’epoca primo cittadino -. La famiglia aveva l’accompagnatoria per accudire l’anziana malata e sono proprio i beneficiari della stessa indennità che ci chiedono il risarcimento, con un giudice che, alla fine, dà ragione proprio a loro. Accettare tale sentenza significa anche creare precedenti non da poco, inoltre dobbiamo rispondere per tutta la comunità rosatese. L’Amministrazione in sé, sotto l’aspetto finanziario, non corre alcun rischio economico, in quanto siamo coperti da assicurazione con Generali che agirà con il legale incaricato, facendo ricorso».

 

Elena Rancan

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