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Il progetto

Pecora di razza Foza: primo gomitolo di lana dopo cento anni

Stefano Sartori con i primi gomitoli della lana prodotta dalla “Foza”
Stefano Sartori con i primi gomitoli della lana prodotta dalla “Foza”
Stefano Sartori con i primi gomitoli della lana prodotta dalla “Foza”
Stefano Sartori con i primi gomitoli della lana prodotta dalla “Foza”

Un plauso agli allevatori impegnati a salvare la razza ovina Foza dall’estinzione, impegno che coinvolge anche le pecore Brogna, Lamon e Alpagota, giunge da Palazzo Balbi. Dalle montagne venete gli sforzi di una quarantina di allevatori arrivano alla laguna, e il governatore Luca Zaia commenta: «Un’operazione meravigliosa di recupero di quattro razze di pecore a rischio estinzione appartenenti da secoli al nostro patrimonio immateriale e dal valore inestimabile. 
Grazie al progetto "Sheep Up - Biodiversità Ovina Veneta", gli allevatori ne stanno evitando la scomparsa attraverso una serie di azioni dedicate. Uno dei risultati è la produzione del primo filato di pecora Foza dopo un secolo dall’ultimo gomitolo: bravissimi».
Il gomitolo nasce dalle mani di Stefano Sartori, gestore di malga Col del Sole di Cesuna di Roana, che, quando nel 2015 ha preso in mano la struttura, ha deciso di «inserire un valore aggiunto portando sulla mia terra le pecore Foza».
La razza produce circa 3–4 kg di lana per esemplare e, grazie al lavoro di Sartori e agli allevatori che hanno accettato la sfida di salvare la razza, vede il suo primo gomitolo prodotto dopo quasi un secolo. Aprendo una nuova possibilità per il futuro della Foza.
Anche se negli ultimi decenni non aveva commercio, a dire il vero questa lana ha contribuito alla fortuna dei lanifici della pedemontana, fino alla Lanerossi di Vicenza e alla Marzotto di Valdagno, così come degli abitanti dell’Altopiano e in particolare dei fozesi. Tanto che nel 1763 venivano registrati 200.000 pecore Foza e fino agli anni ‘40 sull’Altopiano si contavano ancora 40 mila capi. Poi un lento declino, con allevamenti sempre più indirizzati ai bovini, ha ridotto a 9 mila gli ovini nel 1953 e solamente a 61 esemplari a fine anni ‘90. Per evitare l’estinzione della razza autoctona, dopo le ricerche del fozese Filippo Menegatti e del prof. Emilio Pastore dell’Università di Padova, sono stati coinvolti la Regione, la facoltà di agraria, l’Unione montana, Veneto Agricoltura e la Provincia di Vicenza, che hanno concepito il progetto “Sheep Up” per legare indissolubilmente le produzioni animali alla zona geografica di riferimento nonché per il recupero e la promozione del prodotto lana in un’ottica di economia circolare.
«È una lana non facile – ammette Sartori – poco elastica e non confacente al contatto con la pelle perché pungente. Ottima però per la realizzazione di feltro ma anche per creare accessori, tappetti, arazzi e per oggetti di design. Da 10 kg di lana grezza, dopo il lavaggio se ne ricavano 5 kg e con la filatura produciamo circa 50 gomitoli, la resa è quindi buona così come il costo finale di produzione di circa 5 euro a gomitolo. 
Mancano però sia il mercato, che va creato, sia le strutture per la sua lavorazione, in particolare il lavaggio. Proprio per proseguire nella sua valorizzazione, assieme al Centro Consorzi di Belluno è stato organizzato un corso per la colorazione naturale: noi andiamo avanti e speriamo che altri scoprano questo prodotto, ricomparso dopo cento anni».

 

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