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«Papà si è sacrificato per salvare la gente»

I rottami dell’ultraleggero pilotato da Gaudenzio Cherubin  Gaudenzio Cherubin. Aveva 62 anni
I rottami dell’ultraleggero pilotato da Gaudenzio Cherubin Gaudenzio Cherubin. Aveva 62 anni
I rottami dell’ultraleggero pilotato da Gaudenzio Cherubin  Gaudenzio Cherubin. Aveva 62 anni
I rottami dell’ultraleggero pilotato da Gaudenzio Cherubin Gaudenzio Cherubin. Aveva 62 anni

L’anello del congedo da militare, con lo stemma del 51.mo Stormo Aeronautica di Istrana: è quanto resta ai familiari di Gaudenzio Cherubin dopo l’incidente aereo nel quale l’uomo ha perso la vita la scorsa domenica. I poliziotti del vicequestore Elena Peruffo, incaricati delle indagini, ieri mattina hanno riconsegnato il monile alla moglie e ai figli dell’ex maresciallo. Tra i rottami dell’ultraleggero Tecnam Sierra P 2002 tutto è andato bruciato nel rogo innescatosi dopo l’impatto del velivolo nel boschetto adiacente il cimitero di Cassola. In via Cogo, dove Cherubin, 62 anni, viveva con la moglie Carla, ieri è stato un viavai di parenti e amici. Nella villetta del quartiere San Vito si sono, raccolti anche i figli del pilota, Erika, Giulia e Piergiorgio. «Dobbiamo ancora abituarci a quello che è successo - spiega la primogenita, al cancello di casa -. Papà ha sempre amato tanto il volo, era diventato il suo lavoro ma prima di tutto era una grande passione. Aveva iniziato con deltaplani sul Grappa, poi era passato agli ultraleggeri. Era orgoglioso del club di volo che gestiva a Cassola, la sua vita era lì». La famiglia è certa che all’origine dell’incidente non ci sia stato un malore. «Mio padre era un uomo sano e un pilota dall’altissima preparazione - spiega la figlia -, non si sarebbe mai messo in volo se avesse avuto anche solo la sensazione di non stare bene. Le ipotesi dicono che abbia virato per evitare le case, forse per un guasto all’aereo. Anche noi crediamo che sia andata così, mio padre aveva un grande sangue freddo, diceva che in caso di avaria bisognava cercare un posto dove atterrare in sicurezza, ma prima di questo si doveva impedire di mettere in pericolo altre persone. Così ha fatto. Conosceva bene i rischi del volo, ed era consapevole di tutti gli imprevisti che possono capitare. Aveva cercato di trasmettere a noi figli la sua passione, ma non aveva mai insistito, questo perché sapeva che poteva essere pericoloso, e forse preferiva saperci a terra». Come detto, l’unica cosa rimasta dai resti dell’aereo è l’anello del congedo. «Aveva scelto l’anello e non le medaglie o gli attestati perché voleva lasciarlo a noi figli - spiega Erika - ci teneva tanto che avessimo quel simbolo come suo ricordo. Avremmo voluto averlo tra molti più anni». Nel frattempo il pm Gianni Pipeschi, ha aperto un fascicolo. Un atto dovuto, che per ora non vede alcun nome iscritto sul registro degli indagati, e nemmeno l’ipotesi di reato che quasi certamente verrà identificata nell’omicidio colposo. Non è ancora stato deciso nemmeno se eseguire l’autopsia sul corpo di Cherubin, all’obitorio dell’ospedale San Bassiano. I rottami dell’aereo e la zona dello schianto sono stati posti sotto sequestro, insieme a un video che ritrae gli ultimi minuti del volo. Nel filmato si vedrebbe l’ultraleggero decollare dall’aviosuperficie “Ferraro Pastega” e pochi istanti dopo effettuare una virata stretta, allontanandosi dalle case, poi cadere nel bosco. Dalle ultime ricostruzioni è emerso che l’ex maresciallo dell’aeronautica avrebbe preso il biposto, di proprietà di un amico bassanese, di sua volontà, e non su richiesta del proprietario. Pare che Cherubin, quale gestore del campo di volo, provasse spesso gli aerei conservati negli hangar del club, di cui aveva le chiavi. •

Francesca Cavedagna

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